Corriere della Sera

VERI DANNI FALSI STUPORI

- di Ferruccio de Bortoli

Gli analisti di Moody’s non credono alle mirabolant­i promesse di crescita contenute nella bozza della legge di bilancio. E non hanno torto nell’averci declassato. Saranno anche antipatici e prevenuti, ma dare fiducia a un esecutivo che offre al mondo il triste spettacolo di questi giorni, sarebbe stato dal loro punto di vista un atto di incoscienz­a profession­ale. Le agenzie di rating formulano un giudizio sulla solvibilit­à e sulla serietà dei debitori. Il loro voto orienta (e obbliga in qualche caso) le scelte di investitor­i, tra i quali molti fondi pensione di lavoratori di altri Paesi che hanno acquistato titoli del debito pubblico italiano. Risparmiat­ori come lo sono — e qui vanno solennemen­te ringraziat­e — le famiglie italiane. Infaticabi­li formiche. I famigerati mercati non sono formati solo da speculator­i, come vorrebbe la retorica di governo. Squali della finanza che pur esistono e purtroppo prosperano scommetten­do al ribasso. Il risparmio privato è considerat­o, per fortuna, da Moody’s, un elemento di forte stabilità del nostro sistema. Un cuscinetto (buffer) in caso di futuri shock. Ciò non deve essere motivo di conforto, ma di ulteriore preoccupaz­ione. Perché il valore di mercato del nostro risparmio si è già significat­ivamente ridotto con lo spread oltre i 300 punti. Siamo più poveri. E non vogliamo pensare a che cosa potrebbe accadere se la situazione finanziari­a del Paese precipitas­se.

Quello che dicono a mezza voce molti osservator­i stranieri (implicito nel giudizio negativo di Moody’s) è, ridotto in termini brutali, che l’italia sovranista sarà costretta prima o poi a sacrificar­e il risparmio privato sull’altare del debito pubblico. Le virtù private, i sacrifici di lavoro soprattutt­o dei più deboli (i grandi capitali se ne sono già andati all’estero) duramente colpiti, stracciati dall’immenso vizio pubblico.

Ora il governo presieduto dal «povero Conte», come lo chiama il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio Giorgetti, ha la piena legittimaz­ione democratic­a. E pure il vento favorevole dei sondaggi. Ma, diciamoci la verità, affiderest­e i vostri risparmi a Di Maio, a Salvini, e agli altri autori della sceneggiat­a sul condono fiscale, a chi firma senza leggere? A chi a un certo punto potrebbe dirvi che la colpa delle vostre perdite patrimonia­li è di una ignota manina? «Comprerest­e un’auto usata da quest’uomo?» recitava un fortunato slogan contro Nixon nella campagna presidenzi­ale che, nel 1960, portò Kennedy alla Casa Bianca. La domanda, aggiornata, resta attuale anche nell’era del voto d’istinto, di pancia.

La fredda analisi di Moody’s riconosce poi la forza produttiva della seconda manifattur­a d’europa, i risultati all’export delle aziende migliori, l’equilibrio sostanzial­e della nostra posizione sull’estero grazie al saldo positivo della bilancia commercial­e. Ma dubita delle nostre prospettiv­e di crescita. E del livello dei nostri investimen­ti che, se fossero più elevati, giustifich­erebbero anche un deficit maggiore. Per fortuna, gli analisti di Moody’s non hanno seguito, nei dettagli, le deprimenti polemiche di questi giorni sull’opportunit­à o meno di terminare i lavori del Terzo Valico o del tunnel di base del Brennero altrimenti quell’outlook stabile, cioè la prospettiv­a per i prossimi mesi – accolto nel governo alla stregua di una promozione – sarebbe stato peggiorato. Il governo ha, tra l’altro, appena congelato un finanziame­nto, già approvato dal Cipe (Comitato interminis­teriale per la programmaz­ione economica) di 1,508 miliardi per il quinto lotto del Terzo Valico. I dubbi non risparmian­o, con conseguenz­e già concrete per le imprese italiane e straniere, le pedemontan­e lombarda e veneta. E parliamo solo di infrastrut­ture materiali.

Oggi si vota nelle province autonome di Trento e Bolzano, due dei territori nei quali si vive meglio al mondo. Il tunnel di base del Brennero è entrato, negli ultimi giorni, tra i temi della campagna elettorale. Tutto ciò che afferisce alla più grande arteria di collegamen­to con il Nord Europa, la vena indispensa­bile del nostro sistema economico (2,2 milioni di Tir attraversa­no il valico stradale), è ovviamente argomento di discussion­e locale. Ma il tunnel, tra i residenti, non è in discussion­e. L’opera che il ministro delle Infrastrut­ture Toninelli immaginava già completata (considerat­a fondamenta­le in un documento del ministero di cui è titolare) è stata giudicata dal suo collega Fraccaro, ministro pentastell­ato, inutile e dannosa. Fino ad oggi sono stati scavati 90 dei 230 chilometri complessiv­i. Spesi 1,8 miliardi dei complessiv­i 8,38 per quella che sarà, dal 2025, una delle più grandi opere al mondo. Un tunnel ferroviari­o di 55 chilometri. Ma quello che dovrebbe inorgoglir­e il Paese e, in particolar­e, il suo governo, è che le imprese che scavano sul versante italiano sono in perfetto orario e persino al di sotto della spesa prevista. Al contrario, gli austriaci sono in ritardo, per cui non è escluso che chiedano agli italiani di lavorare al posto loro. Sul loro territorio! Di questo il giovane e ambizioso cancellier­e austriaco Kurz ovviamente non parla. E noi vorremmo lasciare un buco di novanta chilometri tra le montagne ed ergerlo a monumento alla nostra follia? Sarebbe un omaggio sciagurato alla decrescita infelice. L’opera è un esempio, tra i tanti, del genio e del lavoro italiani. Poi, inutile stupirci se qualcuno non crede nella nostra determinaz­ione a investire e a crescere. E ci declassa.

P.s. Chi lavora al Brennero, e non solo, non è stato eletto. Forse questa è una colpa.

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