«ADOTTATE UN NONNO», UN’IDEA DA CONDIVIDERE
Caro Achille,
Sono molto d’accordo con lei. Le nostre infanzie erano infinitamente più povere di beni materiali, a cominciare da telefonini e videogiochi che non esistevano, ma erano umanamente più ricche perché vivevamo con i nonni. I nonni non erano figure sorridenti che compaiono a Pasqua e a Natale con qualche pacco regalo; erano persone che appartenevano alla nostra quotidianità. Io ad esempio ricordo nonni dolcissimi, forse perché avevano sofferto così tanto in guerra e al tempo della Ricostruzione e volevano rendere lieve la vita ai nipoti, ma nonne molto dure, che si facevano obbedire, che educavano i nipoti; ed era giusto così.
L’amore a cerchio di vita tra nonni e nipoti è meraviglioso. Oggi quell’anello sembra saltato. Non è in discussione l’amore, ma il tempo passato insieme, e l’intensità del dialogo. È saltata la trasmissione della memoria. E i ragazzi, tranne qualche eccezione, pensano che il passato non li riguardi. Crescono con il ritornello secondo cui saranno la prima generazione condannata a stare peggio dei padri e dei nonni; e magari sono indotti a pensare che i nonni abbiano avuto la vita facile.
L’unico rimedio è parlare. Stare insieme. Raccontare. Inserire le difficoltà dei ragazzi in un contesto. Recuperare l’idea che il lavoro e la famiglia non sono valori relegati in un tempo oscuro e perduto per sempre.