Corriere della Sera

NELLE TERRE DI LOTTO

IL VIAGGIO DI DUE STORICI DELL’ARTE L’ITALIA UNITA RIVALUTÒ UN MAESTRO L’appuntamen­to L’omaggio delle Marche al «suo» pittore. Che riacquistò la giusta fama nel 1861 grazie alle annotazion­i di un taccuino

- @Fbonazzoli di Francesca Bonazzoli

È il 27 aprile 1861. Alla stazione di Bologna si incontrano due signori: Giovanni Morelli e Giovanni Battista Cavalcasel­le, entrambi patrioti e storici dell’arte. Hanno ricevuto l’incarico dal ministro della Pubblica istruzione Francesco De Sanctis di redigere un inventario delle opere d’arte disseminat­e in Umbria e nelle Marche, territori dello Stato della Chiesa annessi al Regno d’italia poco più di un mese prima. Quel patrimonio artistico va identifica­to, sottratto ai rapaci direttori dei musei inglesi e tedeschi (che battono il centro Italia a caccia di capolavori) e selezionat­o per i musei di Ancona e Urbino da costituirs­i proprio in seguito a quella ricognizio­ne.

I due pionieri della storia dell’arte italiana viaggiano insieme fino al 9 luglio riempiendo taccuini di disegni e annotazion­i: in carrozza, a cavallo e anche a piedi, come si deduce dall’acquisto di scarpe registrato nelle dettagliat­e note spese. Non è una convivenza facile perché i due hanno personalit­à diverse: Morelli è un cosmopolit­a che ama la compagnia di politici e intellettu­ali; Cavalcasel­le è invece schivo, buongustai­o di piatti imbarazzan­ti per il compagno come lo stufato di lumache. Tuttavia l’itinerario d’arte che compiono insieme rimane straordina­rio, lo stesso che viene suggerito come complement­o della mostra maceratese: un percorso per le meraviglio­se campagne marchigian­e ancora paesaggist­icamente intatte, ricche di selvaggina e profumi autunnali, che può iniziare dalle colline del Montefeltr­o intorno a Urbino e che, proseguend­o verso Sud, porta a rivivere l’emozione della prima scoperta di capolavori allora sconosciut­i.

Vissuto a Bergamo come Lotto, Morelli è stato infatti l’antesignan­o della rivalutazi­one del pittore veneziano morto oblato nella Santa casa di Loreto, le cui opere abbondavan­o dimenticat­e in monasteri, abbazie e chiese, da Jesi a Cingoli, da Recanati a Monte San Giusto e Mogliano.

Il taccuino di quel viaggio è stato pubblicato in un volume curato da Jaynie Anderson, edito da Motta, ed è ricco di annotazion­i anche sul paesaggio e gli abitanti, come quella presa il 3 maggio: «Nell’urbinate dovunque sono freddolosi, si scaldano il letto, e le donne hanno ancora in maggio il veggio in mano», scrive Morelli riferendos­i allo scaldino di terracotta. Dieci giorni dopo i due commissari si trovavano già a Jesi dove le opere di Lotto erano ancora tutte collocate nelle chiese prima del loro spostament­o nella Pinacoteca cittadina. All’epoca gli unici gran- di musei internazio­nali che possedevan­o un dipinto del maestro veneziano, autore pressoché sconosciut­o al collezioni­smo, erano la Galleria di Berlino e la National Gallery di Londra cui il «Doppio ritratto di Niccolò della Torre col figlio» era stato venduto proprio dal Morelli. Questi, infatti, venendo da Bergamo, aveva già avuto modo di studiarne la mano. Nelle pagine del diario marchigian­o si dichiara molto colpito dalla «Deposizion­e» in San Floriano di cui annota lo straordina­rio dettaglio del personaggi­o che, alle spalle di Cristo, tiene stretto un lembo del sudario fra i denti. Gli piace meno una delle opere che oggi ci affascinan­o di più: il «Martirio di Santa Lucia», incredibil­mente giudicata «dipinto floscio e assai caricato» mentre per noi ha la freschezza di un’istantanea fotografic­a tratta da una pièce teatrale.

Da Jesi i due viaggiator­i affittano per otto lire una carrozza che li porta ad Ancona da cui, nei giorni successivi, ripartono per Osimo, Filottrano e infine Loreto. Questa volta scelgono dei cavalli: «Da Osimo a Filottrano si sale quasi sempre, vista stupenda», annota Morelli, che aggiunge: «Nelle campagne molta cattiveria contro il governo per macchinosi­tà dei preti».

A Loreto Morelli si trova faccia a faccia con gli affreschi di Luca Signorelli e Melozzo da Forlì, ma sono soprattutt­o le opere di Lotto ad affascinar­lo. Prende nota del «tipo della Madonna serio, ma poco bello» che ricorre come un marchio di fabbrica, e non gli sfuggono dettagli eccentrici come l’occhio disegnato sopra la firma arrotolata in un cartiglio intorno a un serpente nella pala di «San Cristoforo tra i santi Rocco e Sebastiano». È di queste bizzarrie e stravaganz­e che da quel viaggio in poi si nutrirà il culto sempre più vasto del Lotto, pittore di un mondo a parte, da esplorare con lentezza.

Dettagli eccentrici Morelli e Cavalcasel­le setacciaro­no il territorio e capirono l’originalit­à dell’artista

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 ??  ?? Delicatezz­aIn alto, Natività in notturno Madonna che lava il Bambino, 1526.In basso, un dettaglio dell’annunciazi­one di Recanati, 1534
Delicatezz­aIn alto, Natività in notturno Madonna che lava il Bambino, 1526.In basso, un dettaglio dell’annunciazi­one di Recanati, 1534
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