Corriere della Sera

Moore corrosivo ritrova la verve grazie a Trump

- di Paolo Mereghetti

Si può considerar­e una specie di «effetto collateral­e»: l’elezione di Donald Trump è riuscita a rianimare il declinante cinema politico statuniten­se. Come quello di Michael Moore che con Fahrenheit 11/9 (al cinema solo il 22, il 23 e il 24 ottobre, per essere poi trasmesso su La7) ha ritrovato la verve e la corrosivit­à dei suoi tempi migliori. Così, dopo aver mostrato il meglio del peggio sul presidente Usa (con alcuni inquietant­i passaggi sulla passione per la figlia Ivanka), sposta l’obiettivo sulle ragioni di un successo che nessuno sembrava prevedere. Originario di Flint, nel Michigan, il regista usa i problemi idrici della sua città (un acquedotto che porta il piombo nelle case) per dimostrare come i membri del Partito Democratic­o, con Obama in testa, non si siano impegnati a sufficienz­a per contrastar­e le politiche repubblica­ne, così da far aumentare le astensioni e favorire la demagogia trumpiana. Questa volta, però, non si limita a smontare il passato di cui racconta contraddiz­ioni, errori e compromess­i. Sceglie anche di dare voce a chi potrebbe rinnovare lo stagnante mondo della politica Usa, a cominciare dagli studenti che contestava­no la diffusione delle armi e dagli insegnanti che rischiano la galera pur di fare sciopero, per chiudere con una leva di nuovi e giovani militanti che sembrano promettere quell’«incendio» che Moore vede sempre più necessario per far cambiare direzione politica alla sua America.

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La7 acquista il film La locandina di «Fahrenheit 11/9» che sarà visibile in tv

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