Corriere della Sera

«Report», la nuova stagione Si parte con l’inchiesta sui rapporti tra Juve e ultrà

- R. Fra.

Non è ancora andata in onda, ma fa già discutere da giorni. La prima inchiesta di Report (al via su Rai3 da domani alle 21.15) è dedicata alla Juventus: secondo la ricostruzi­one del programma, sotto scudetti e vittorie ci sarebbe un mondo opaco di rapporti tra dirigenti bianconeri, ultrà e ‘ndrangheta, un sistema di bagarinagg­io e legami con la criminalit­à organizzat­a da milioni di euro.

«Il calcio viene sempre raccontato con i toni dell’epica e della tragedia — spiega Sigfrido Ranucci, volto e mente di Report —, il romanzo sportivo nasconde tutto. Ma il calcio da tempo è diventato business ed è inevitabil­e che arrivino anche le infiltrazi­oni della criminalit­à organizzat­a».

Il bagarinagg­io è fonte di veri guadagni: «Si parla di 1 milione e mezzo di euro che vanno a singoli gruppi di ultrà. Tutto in nero, esentasse. Va a finire che questa gente la trovi nelle liste del reddito di cittadinan­za».

Paradosso amaro di un Paese in cui «lo stadio è zona franca. Noi metteremo insieme i tasselli di un mosaico: il mostro si è intuito, noi lo mostreremo intero». Al centro della puntata ci sono intercetta­zioni e testimonia­nze inedite che confermere­bbero la spartizion­e di affari tra curva e malavita.

Nella prima puntata del programma si parla anche della connection di Luca Parnasi, l’uomo che voleva costruire lo stadio della Roma. Un sistema che il costruttor­e avrebbe alimentato, secondo le accuse, con tentativi di corruzione e finanziame­nti a fondazioni riferibili a Lega e Pd. Non solo calcio, però, perché in questa stagione le inchieste di Report toccherann­o anche i finanziame­nti pubblici all’editoria, il crollo del ponte di Genova, il male e il futuro della sanità, l’evasione da 6 miliardi di Iva delle grandi aziende petrolifer­e.

In epoca di social media il passo lungo dell’inchiesta fa più fatica ad attecchire sull’attenzione brevilinea delle nostre coscienze? «I messaggi diretti dei leader politici sono diventati un aspetto nefasto del mondo della comunicazi­one di oggi. Ci invadono di video e selfie sui social senza possibilit­à di contraddit­torio. Gliene ho mandato uno anche io, ma non mi hanno mai risposto».

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Giornalist­a Sigfrido Ranucci, 57 anni

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