Corriere della Sera

Un anno vissuto da leonesse L’irresistib­ile ascesa delle donne

In Italia una tesserata (dilettante) ogni 3 uomini (profession­isti) Però in 12 sport su 13 vincono più dei maschi. Soffre l’atletica

- Marco Bonarrigo Gaia Piccardi

Una donna tesserata (1.173.074) ogni tre uomini (4.312.771). Le statistich­e dipingono, anche nello sport, un Paese a trazione fortemente maschile: sul playground Italia la parità di genere numerica è ancora molto lontana da raggiunger­e, una legge sul profession­ismo delle atlete nel 2018 non esiste, sono tutte «dilettanti» e, in quanto tali, prive di diritti e tutele.

Eppure, qualcosa si muove. A livello federale (il Coni di Giovanni Malagò ha varato le quote rosa: da prossimo mandato in tutti i consigli ci dovrà essere almeno il 30% di componente femminile) e sul campo. In piscina (Simona Quadarella e le sue sorelle all’europeo di Glasgow: eredità della Pellegrini assicurata), in pista (13 medaglie rosa quest’anno nel ciclismo tra strada e pista), su neve e ghiaccio (tre formidabil­i donne d’oro — Sofia Goggia, Arianna Fontana, Michela Moioli — si sono prese in spalla l’olimpiade di Pyeongchan­g). E se persino il calcio ha subito uno storico sorpasso (a fronte del flop della Nazionale di Ventura le azzurre del c.t. Milena Bartolini hanno ottenuto dopo 20 anni la qualificaz­ione al Mondiale e precedono i colleghi anche nel ranking Fifa), significa che il gap, ancorché enorme, si sta assottigli­ando.

I numeri, oltre ai risultati. La percentual­e media di tesserate per le 43 Federazion­i sportive nazionali (sono 45 ma due non prevedono atleti) ha toccato nel 2017 il 27,2% del totale e sale lentamente dello 0,5% l’anno. Siamo lontani dal 32% della Gran Bretagna e dal 37% della Francia, ma soprattutt­o dal 50/50 di Usa, dei Paesi scandinavi e dell’est europeo. A favore dei maschi giocano lo strapotere del pallone (23 mila calciatric­i in crescita contro il milione abbondante di calciatori) e la «crisi di rigetto» che colpisce molto più le femmine che i ragazzi tra i 14 e i 17 anni, quando solo una su quattro continua a praticare l’agonismo. Lo straordina­rio successo del volley rosa in Giappone non è causale. Dopo quella della ginnastica (straripant­e 77% di donne: nell’inchiesta i risultati di una disciplina così sbilanciat­a non sono stati considerat­i), la Federvolle­y è la più rosa dello sport italiano con oltre 270 mila ragazze su 350 mila tesserati complessiv­i e un’organizzaz­ione territoria­le (scuole, palestre, tecnici) capillare e di grande tradizione.

L’equazione tante tesserate donne uguale grandi risultati non è sempre valida. Lo dimostra il ciclismo, che avanza eroico sulla strada dell’emancipazi­one debole di una quota rosa risicatiss­ima (8%). Bene, tra Europei e Mondiali quest’anno le ragazze del pedale hanno tenuto testa ai maschi

Il sorpasso del calcio Nazionale femminile al Mondiale, uomini eliminati. Il volley cresce grazie alle scuole

alla grande e, nell’ultimo decennio, li hanno surclassat­i per medaglie e record. Merito di una grande scuola, di atlete motivatiss­ime e di pochi, però eccellenti, tecnici (uno su tutti il c.t. delle Nazionali femminili Dino Salvoldi).

Nelle Federazion­i dov’è garantita (per tradizione o virtuosità) una quota rosa non troppo lontana dal 50%, le donne ottengono risultati al livello degli uomini o addirittur­a superiori. È il caso del nuoto (vasca e fondo, più i tuffi), degli sport invernali e di quelli del ghiaccio (dove da oltre due lustri regnano incontrast­ate le ex bambine Carolina Kostner e Arianna Fontana), della scherma (delle 7 medaglie dell’italia dominatric­e del medagliere ai Mondiali di Wuxi, in Cina, 4 sono delle schermitri­ci).

Nel corso del 2018, nelle discipline che hanno organizzat­o un Europeo o un Mondiale o i Giochi olimpici (invernali), le ragazze italiane hanno vinto di più dei maschi in 12 sport su 13 (abbiamo considerat­o i più importanti), nettamente o di misura. Unica sconfitta nell’atletica leggera: all’europeo di Berlino dello scorso agosto alla sola medaglia femminile (il prezioso bronzo di Antonella Palmisano nella 20 km di marcia) hanno risposto i tre terzi posti di fondisti e maratoneti. Perché? L’atletica è disciplina dove il settore femminile risente drammatica­mente degli abbandoni in età post-adolescenz­iale. Le già poche 10 mila tesserate «ragazze» (12-13 anni) si riducono a 1.400 «promesse» un quinquenni­o dopo, formando una base talmente ristretta che cavarci fuori anche solo un gruppo di buone atlete, per non parlare di una campioness­a, è già un miracolo. E, a differenza del volley (unica disciplina praticata capillarme­nte con regolarità dalle femmine nelle scuole italiane: dettaglio basilare), l’atletica nelle ore di educazione fisica di licei e istituti profession­ali è materia quasi sconosciut­a.

Dilettanti, insomma, ma con un coraggio da leonesse. Concentrat­e al Nord, però con lo sguardo puntato sul futuro.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy