INTERNISTI E MALATI «DI TUTTI E DI NESSUNO»
A40 anni dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale le criticità sono innegabili e sta diventando sempre più difficile assicurarne la sostenibilità, a causa della carenza di finanziamenti, di cure innovative sempre più costose e, soprattutto, della sempre maggiore diffusione delle malattie croniche non trasmissibili (fra cui patologie cardiovascolari, tumori, diabete) tipiche delle società industrializzate. Per queste patologie non c’è sufficiente prevenzione, inoltre la maggior parte dei pazienti cronici è affetta da più malattie, la cui interazione produce condizioni cliniche complesse: è la cosiddetta multimorbilità, associata all’incremento della disabilità, a una più bassa qualità di vita per il malato, a un aumento del carico assistenziale per le famiglie e della spesa sanitaria. A tutto questo si aggiunge l’invecchiamento progressivo della popolazione: aumentano perciò i casi in cui le frequenti riacutizzazioni rendono necessari ricoveri, che richiedono la visione complessiva da parte del medico internista e non sono gestibili dal singolo specialista d’organo. Una situazione in conflitto evidente con le risorse disponibili e con l’attuale modello assistenziale ospedaliero e territoriale: è perciò indispensabile adeguare l’assistenza socio-sanitaria alla nuova realtà epidemiologica, concentrando l’attenzione sullo stato di salute e benessere complessivo del paziente e non sulla singola malattia, sull’integrazione fra ospedale e medicina del territorio, sull’appropriatezza e sulla sostenibile gestione delle risorse. Gli internisti, che a differenza degli specialisti d’organo hanno una competenza multidisciplinare, hanno da tempo un ruolo centrale nell’assistenza di questi pazienti molto spesso complessi, che negli attuali sistemi organizzativi ospedalieri possono rimanere «di tutti e di nessuno»: sono gli specialisti delle diagnosi difficili, curano la persona e non le malattie e, sempre più, rappresentano il fulcro per la gestione ospedaliera del malato e la continuità assistenziale post-dimissione. Oggi il 17 % dei 20 milioni di italiani che arrivano in Pronto Soccorso viene ricoverato nei reparti di Medicina Interna, ma nell’85% dei casi si tratta della riacutizzazione di una patologia cronica preesistente: una migliore gestione della complessità clinica, dell’appropriatezza, delle politerapie potrebbe aiutare a realizzare nuove modalità assistenziali per risolvere molte delle criticità attuali.
*Presidente Società Italiana
di Medicina Interna (Simi)