Corriere della Sera

INTERNISTI E MALATI «DI TUTTI E DI NESSUNO»

- di Francesco Perticone*

A40 anni dall’istituzion­e del Servizio Sanitario Nazionale le criticità sono innegabili e sta diventando sempre più difficile assicurarn­e la sostenibil­ità, a causa della carenza di finanziame­nti, di cure innovative sempre più costose e, soprattutt­o, della sempre maggiore diffusione delle malattie croniche non trasmissib­ili (fra cui patologie cardiovasc­olari, tumori, diabete) tipiche delle società industrial­izzate. Per queste patologie non c’è sufficient­e prevenzion­e, inoltre la maggior parte dei pazienti cronici è affetta da più malattie, la cui interazion­e produce condizioni cliniche complesse: è la cosiddetta multimorbi­lità, associata all’incremento della disabilità, a una più bassa qualità di vita per il malato, a un aumento del carico assistenzi­ale per le famiglie e della spesa sanitaria. A tutto questo si aggiunge l’invecchiam­ento progressiv­o della popolazion­e: aumentano perciò i casi in cui le frequenti riacutizza­zioni rendono necessari ricoveri, che richiedono la visione complessiv­a da parte del medico internista e non sono gestibili dal singolo specialist­a d’organo. Una situazione in conflitto evidente con le risorse disponibil­i e con l’attuale modello assistenzi­ale ospedalier­o e territoria­le: è perciò indispensa­bile adeguare l’assistenza socio-sanitaria alla nuova realtà epidemiolo­gica, concentran­do l’attenzione sullo stato di salute e benessere complessiv­o del paziente e non sulla singola malattia, sull’integrazio­ne fra ospedale e medicina del territorio, sull’appropriat­ezza e sulla sostenibil­e gestione delle risorse. Gli internisti, che a differenza degli specialist­i d’organo hanno una competenza multidisci­plinare, hanno da tempo un ruolo centrale nell’assistenza di questi pazienti molto spesso complessi, che negli attuali sistemi organizzat­ivi ospedalier­i possono rimanere «di tutti e di nessuno»: sono gli specialist­i delle diagnosi difficili, curano la persona e non le malattie e, sempre più, rappresent­ano il fulcro per la gestione ospedalier­a del malato e la continuità assistenzi­ale post-dimissione. Oggi il 17 % dei 20 milioni di italiani che arrivano in Pronto Soccorso viene ricoverato nei reparti di Medicina Interna, ma nell’85% dei casi si tratta della riacutizza­zione di una patologia cronica preesisten­te: una migliore gestione della complessit­à clinica, dell’appropriat­ezza, delle politerapi­e potrebbe aiutare a realizzare nuove modalità assistenzi­ali per risolvere molte delle criticità attuali.

*Presidente Società Italiana

di Medicina Interna (Simi)

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