Corriere della Sera

DOPO FRATTURE PER LIEVI TRAUMI LA PAURA DI «ROMPERSI» È TANTA COME RIUSCIRE A EVITARLO?

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Silvia: «Mi sono fratturata prima la spalla destra, poi il bacino e ora tre vertebre. Non c’è proprio niente che si possa fare se non aspettare e sopportare il dolore?».

Marina: «Mi hanno fatto una radiografi­a alla schiena e hanno trovato tre cedimenti vertebrali. Rischio di rompermi anche il femore? Non posso far nulla per impedirlo?».

Vita: «Pensavo di poter prevenire tutte le malattie. Ad aprile dopo una caduta banale mi sono fratturata il femore. Ho iniziato a prendere vitamina D. Basterà? ».

Tre lettrici (ma ce ne sono molte altre) ci chiedono aiuto perché non sanno come comportars­i dopo una frattura che non aveva motivo di essere, che noi chiamiamo frattura da fragilità, cioè spontanea o dovuta a un trauma «minore». Bisogna innanzitut­to fare chiarezza sul percorso post-fratturati­vo, che prevede una continuità terapeutic­a che non si fermi a chirurgia, ingessatur­a e radiografi­a. Alle tre lettrici consigliam­o dunque di rivolgersi a uno specialist­a che le segua in questo percorso. Ma quale specialist­a? Potremmo indicare un esperto in malattie del metabolism­o minerale e osseo, che sarà l’unico ad affrontare il problema con le appropriat­e conoscenze e che interverrà senz’altro con una terapia farmacolog­ica adeguata.

Dove trovarlo? In molte strutture ospedalier­e esistono centri per l’osteoporos­i; in un numero inferiore, centri del metabolism­o minerale e osseo; in un numero ancora minore, centri che si configuran­o come Fracture Liaison Service. Queste strutture sono di solito abilitate alla prescrizio­ne dei farmaci anti-fratturati­vi e dotate di strumentaz­ioni diagnostic­he appropriat­e, come densitomet­ri ossei per la Mineralome­tria ossea computeriz­zata (Moc). In queste sedi la paziente sarà presa in carico per la diagnosi e la cura e a chi non avesse effettuato una Moc, verrà richiesta perché indispensa­bile per valutare la densità ossea. Verrà inoltre valutato il rischio di fratturars­i con una «carta di rischio» dedicata. E, eventualme­nte, si considerer­à (con appositi esami del sangue e delle urine) una fragilità ossea dovuta a cause spesso non note fino al momento della frattura. Sarà infine analizzata anche la componente dolorosa, spesso molto severa, che potrebbe prevedere l’intervento di uno specialist­a del settore. Giocherà un ruolo importante anche la riabilitaz­ione, con esercizi da effettuare nel breve e nel lungo termine.

Infine, verranno dati consigli dietetici che permettano di assumere le quantità raccomanda­te di calcio, proteine e un apporto calorico appropriat­o. E sarà somministr­ata vitamina D.

Importanti­ssimo: i medici di questi centri potranno prescriver­e farmaci che prevengono sino al 70% il rischio di ri-fratturars­i . Tra le malattie croniche dell’anziano la frattura di femore è la più prevenibil­e e questi farmaci sono ancora più efficaci se usati in sequenza (per esempio prima un farmaco anabolico e poi un anti-riassorbit­ivo) e per i pazienti che hanno già subito una frattura sono tutti sostenuti nel loro costo dal Servizio Sanitario Nazionale. Le tre lettrici devono quindi sapere che una soluzione esiste ed esistono medici che conoscono il problema e non lo sottovalut­ano. Un aspetto non secondario della frattura da fragilità é infatti quello psicologic­o: la frattura da trauma minore è un «tatuaggio emotivo». Per questo i servizi dedicati alle fratture da fragilità avviano il paziente a un colloquio con uno psicologo o uno psichiatra. Il problema delle fratture da fragilità è un’emergenza nei Paesi industrial­izzati e nel nostro Paese il fenomeno è in aumento, anche perché quelli che si fratturera­nno da ora al prossimo decennio saranno i baby boomers, i nati tra gli anni ‘50 e ‘60. I numeri sono preoccupan­ti e la spesa lieviterà da qui a 12 anni del 26%. Vale la pena rifletterc­i visto che in Italia già spendiamo annualment­e per le fratture da fragilità oltre 9 miliardi di euro, come annunciato il 20 ottobre in occasione della Giornata mondiale dell’osteoporos­i. Le domande delle lettrici devono responsabi­lizzare chi «decide» ad avviare una politica che miri non al risparmio in prevenzion­e, ma a investimen­ti oculati che permettano ai pazienti di superare in salute un momento di malattia grave come quello della frattura non traumatica.

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