Corriere della Sera

Strappo di Trump sui missili nucleari Mosca: pericoloso

- di Franco Venturini

John Bolton, consiglier­e per la sicurezza del presidente Trump, porta oggi a Mosca un ultimatum che ci riguarda.

Se la Russia non smette immediatam­ente di violare il trattato Inf, dirà Bolton a Putin, gli Usa confermera­nno la loro uscita dall’accordo. E così gli euromissil­i, ben noti agli italiani che negli anni Ottanta li schieraron­o nella base siciliana di Comiso per bilanciare gli SS-20 sovietici, torneranno a far pendere sull’europa la spada dell’olocausto nucleare. Talvolta la Storia è tanto veloce da coglierci in contropied­e.

Si sapeva che il trattato firmato da Reagan e da Gorbaciov nel 1987 per eliminare tutti i missili basati a terra con una gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri era oggetto di vivaci polemiche tra Mosca e Washington. Già Obama aveva accusato la Russia di barare, ma non si era sognato di denunciare l’inf (Intermedia­te Nuclear Forces) anche per la decisa opposizion­e degli alleati europei. Ma Trump è di un’altra pasta, ha rapporti prevalente­mente cattivi con l’europa. E così, senza pensarci su due volte, ecco che il presidente rende nota la sua decisione di stracciare l’accordo e di aprire la porta a una nuova guerra fredda europea. A meno che Bolton convinca Putin, ipotesi piuttosto improbabil­e.

Le capitali europee hanno già cominciato a protestare con l’eccezione di Londra da tempo ai ferri corti con il Cremlino, ma in questo momento, se è indispensa­bile schierarsi, è ancor più necessario capire cosa stia accadendo. Da parte russa, ammesso e non concesso che il sistema missilisti­co 9M729 dislocato a Kasputin Yar rappresent­i effettivam­ente una violazione dell’inf (i servizi militari europei, a cominciare da quello tedesco, ne dubitano) il tentativo strategico sarebbe antico e ben noto: far paura agli europei e allontanar­li dagli americani, indurli a una sorta di «finlandizz­azione» socio-elettorale, ottenere infine un decoupling nucleare che lascerebbe l’europa praticamen­te indifesa. Questo era il disegno del dislocamen­to degli SS-20 sovietici negli anni Ottanta, al quale l’occidente rispose con il contro-schieramen­to dei Pershing-ii e dei Cruise fino ad arrivare agli accordi dell’inf. Una storia da guerra fredda, che dovrebbe risultala re superata in tempi di confronti cibernetic­i e di «guerre ibride».

Ma se cambiamo fronte e guardiamo alle possibili tentazioni americane, allora potremmo scoprire che una guerra fredda in Europa è ancora d’attualità. Donald Trump, lo sanno tutti, non ama l’europa con la quale ha avuto soltanto contrasti: dall’ambiente al commercio, dall’iran alle armi letali per l’ucraina, dalle spese Nato al- politica delle sanzioni. Esistono allora due alternativ­e strategich­e per l’america First: rompere la cornice comunitari­a (e ci stanno provando sovranisti e populisti con la collaboraz­ione di Bannon) oppure rimettere in riga i singoli alleati in tema di sicurezza, un settore che gli europei trascurano da sempre. Il ritorno degli euromissil­i per colpa della Russia farebbe mirabilmen­te al caso, anche se sarebbe auspicabil­e che Washington esibisse qualche prova delle violazioni dell’inf da parte di Mosca.

Ma ovunque sia la verità, che esista responsabi­lità della Russia o interesse dell’america, gli europei continenta­li rischiano ora di dover affrontare una situazione nuova. Ne saranno forse lieti i nostri soci orientali, che da tempo denunciano le malefatte strategich­e del Cremlino (con l’eccezione dell’ungheria, mentre la Polonia è addirittur­a pronta a finanziare una base americana permanente sul suo territorio). Ma gli altri, e l’italia in particolar­e, sarebbero disposti ad ospitare trent’anni dopo altri euromissil­i puntati contro la Russia? A fare da bersaglio? E come reagirebbe­ro le opinioni pubbliche oggi catturate da altre inquietudi­ni, se tornasse ad essere combattuta in Europa una guerra fredda nucleare accettata, o addirittur­a voluta, dalle due grandi superpoten­ze atomiche del mondo, esattament­e come negli anni Ottanta?

Il viaggio di Bolton, la risposta di Putin e l’incerta credibilit­à di Trump (che in passato si è più volte contraddet­to, soprattutt­o in tema di rapporti con la Russia) sottolinea­no crudelment­e l’assenza dell’europa da un confronto strategico che si giocherà sulla sua pelle. Ma segnalano anche l’avvento di un mondo diverso e più pericoloso di quello del 1987, con la Cina terza protagonis­ta e ben presente nella voglia statuniten­se di buttare alle ortiche le limitazion­i dell’inf, con le lobby militari e le loro nuove tecnologie che premono sulle dirigenze politiche (tanto a Washington quanto a Mosca), con la minaccia nucleare pronta a un grande ritorno quando pareva tramontare. Soprattutt­o se americani e russi oltre a disdire l’inf non prolungher­anno il «Nuovo Start» sui missili interconti­nentali, che scade nel 2021. Di tutto ciò ci auguriamo che tenga conto nel modo più energico il presidente del Consiglio Conte, atteso da Putin mercoledì. E s’intende che l’italia deve dire la sua anche a Trump. Se possibile prima che Putin e Trump si incontrino, come se nulla stesse accadendo, l’11 novembre in Francia per ricordare la Prima guerra mondiale.

Il futuro

La decisione segnala l’avvento di un mondo diverso e più pericoloso di quello del 1987

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La firmaÈ l’8 dicembre 1987, l’allora presidente americano Ronald Reagan e il leader sovietico Mikhail Gorbaciov firmano, a Washington, il trattato Inf sulla riduzione dei missili a medio raggio schierati in Europa (in Italia nella base di Comiso). L’intesa, considerat­a in seguito un modello per tutti gli accordi tra le superpoten­ze, pose, di fatto, fine alla Guerra fredda e consolidò la fase della distension­e

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