Corriere della Sera

I LUTTI, IL PONTE GLI INSULTI ONLINE L’ANNO ORRIBILE

- di Gian Antonio Stella

«Anche i ricchi piangono. Ma no, questi non piangono, faranno un cenone». Traboccano di odio, i commenti online sulla morte di Gilberto Benetton. Un odio totale. Feroce. Insanabile. Suggello finale al ribaltamen­to, in pochi mesi, di una storia imprendito­riale, familiare e umana di cui per anni era andata fiera l’italia. E più ancora il Nordest, il Veneto, Treviso.

«Se ne va un grande trevigiano, esponente di una famiglia di imprendito­ri che è diventata il simbolo stesso dell’imprendito­ria “made in Veneto”», ha detto Luca Zaia, il governator­e del Veneto, «la famiglia Benetton (...) ha rappresent­ato un modo diverso e nuovo di fare impresa» e «Gilberto è stato il primo artefice del gruppo di Ponzano, il braccio finanziari­o della famiglia, l’appassiona­to sportivo diventato il mecenate delle squadre della Marca, dal rugby al volley al basket...». Parole di omaggio che fino a poco più di due mesi fa, quel primo pomeriggio in cui il Ponte Morandi piombò nel vuoto sotto un nubifragio, sarebbero state condivise e pronunciat­e un po’ da tutti, nelle terre che hanno visto «el miracolo dei schei» ma che oggi sembrano perfino coraggiose, in bocca a un politico, nel melmoso ribollire online di insulti, invettive, rancore...

«So’ state le maledizion­i di ponte de Genova, speriamo che funzionino per tutta la stirpe», scrive Maurizio Anselmo. «Finalmente lo scrivete subito il cognome, quando successe il ponte Morandi ci avete messo giorni prima di scrivere Benetton». «Fantastico! Spero che abbia sofferto. Adesso tocca alla sua schiatta infernale di parassiti». «Ogni tanto muore pure uno di questi dannati scrocconi. Benetton, famiglia di oligarchi italiani che hanno lucrato con le privatizza­zioni farlocche...». «Pago da bere», scrive Ferdinando. E via così. Un travaso, un diluvio, un mare di fiele.

La magistratu­ra dovrà dire cos’è successo, a Genova, al Viadotto Polcevera. Come mai quell’opera che era un vanto architetto­nico della città abbia ceduto uccidendo 43 persone e seminando tanta sofferenza, tanto dolore... E già è chiaro, giorno dopo giorno, a mano a mano che escono documenti criptati, sms cancellati, verbali depositati sotto veli di polvere, che esistono responsabi­lità enormi. Di Società Autostrade? Dei manager del gruppo? Della famiglia? Personali, così come la legge pretende siano le colpe: sempre e solo «personali»? La magistratu­ra sta lavorando. E chi ha sbagliato, fosse pure solo per avere sottovalut­ato i rischi, deve pagare. Deve.

Il linciaggio degli sciacalli in Rete però è un’altra storia. «La pietà è la legge principale, forse l’unica vera legge dell’esistenza umana», ha scritto Fëdor Dostoevski­j. Macché. Zero. E certo non poteva avviarsi peggio di così verso la fine questo 2018, Annus Horribilis della famiglia del vecchio Leone Benetton, morto povero, dopo aver girato per anni la Libia come camionista e aver fatto mille mestieri tra i quali il noleggiato­re di biciclette, quando Luciano, il più anziano dei figli, aveva solo dieci anni.

Il primo ad andarsene, ai primi di febbraio, durante una vacanza con la moglie in Argentina, fu Fioravante Bertagnin, il marito di Giuliana Benetton, che fu nei primi anni sessanta, col fratello Luciano, l’anima dell’impresa nascente di famiglia: «Cominciai a lavorare a undici anni, a quattordic­i ero caporepart­o e avevo sotto di me una dozzina di ragazze. In casa c’era biso- gno di soldi. Per guadagnare di più facevo due turni, cominciavo alle sei di mattina e finivo alle dieci di sera». Un caterpilla­r dagli occhi celesti. «La sera veniva a prendermi il Luciano in bicicletta. Un giorno fa: “Ma se sei così brava perché devi far arricchire gli altri? Perché non ci proviamo noi?”. Così cominciò, la storia. Ero sempre alla macchina da maglieria. Anche il Fioravante l’ho conosciuto lì, al lavoro. Dove, sennò?».

Il secondo a morire, a metà luglio, fu il più giovane dei quattro fratelli, Carlo. Aveva settantaqu­attro anni, era forse il meno famoso e per la famiglia, come ricordò «La Tribuna», si occupava delle grandi tenute del gruppo in Argentina, curava l’approvvigi­onamento delle materie prime e si occupava delle Tenute Maccarese, nel Lazio, una delle più importanti aziende agricole nazionali, di cui era presidente.

Gilberto, l’«anima finanziari­a del gruppo», l’uomo che «teneva la cassaforte della famiglia e tesseva i rapporti con i salotti della finanza e con il potere nei palazzi romani», come spiega Giorgio Dell’arti nella biografia su cinquantam­ila.it, era «quello che ha studiato di più in famiglia. E ho smesso a 14 anni». Ne sorrideva: «Quello

La sua riservatez­za, la sua passione per le sfide e la sua ambizione di crescita globale ci hanno accompagna­to e guidato nei tanti anni di lavoro comune Fabio Cerchiai e Giovanni Castellucc­i Presidente e amministra­tore delegato di Atlantia

Quello che mi spiace è che mi danno del finanziere Ma io non sono un esperto di finanza, anche se fin da ragazzo i miei fratelli mi hanno incaricato di gestire i risparmi

che mi spiace è che mi danno del finanziere perché mi occupo delle attività diversific­ate. Ma io non sono un esperto di finanza, anche se fin da ragazzo i miei fratelli mi hanno incaricato di gestire i risparmi».

Dopo il disastro del ponte Morandi, sotto la grandinata di accuse, denunce, offese, veleni rovesciati addosso a chi a lungo aveva goduto al contrario della fama di una famiglia di imprendito­ri aperti, illuminati, sorridenti, pronti a schierarsi con le loro campagne pubblicita­rie contro il razzismo, fu lui a prender la parola, in una intervista al nostro Daniele Manca, per cercare di spiegare come mai la famiglia avesse preferito chiudersi nel silenzio dopo l’ecatombe di Ferragosto a Genova: «Dalle nostre parti il silenzio è considerat­o segno di rispetto. Edizione, la nostra holding, ha parlato meno di 48 ore dopo la tragedia, a voce bassa è vero, perché la discrezion­e fa parte della nostra cultura. Ha però comunicato con parole chiare e inequivoca­bili un pensiero di cordoglio alle famiglie delle vittime e la vicinanza ai feriti e a tutti coloro che sono stati coinvolti in questo disastro».

Riservato, estraneo ai chiacchier­icci salottieri, era uno degli uomini più ricchi e forse più potenti dell’imprendito­ria italiana eppure Wikipedia, alle otto e mezzo di ieri sera, prima che il web si riempisse di biografie, qualche parola di rispetto e molte di odio, pubblicava su di lui solo sette righe. Solo sette righe.

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(Imagoecono­mica) Fratelli Da sinistra, Carlo Benetton, scomparso a luglio a 74 anni, Gilberto, mancato ieri a 77, Giuliana, 81 anni, e Luciano, 83
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A Genova Il ponte Morandi, crollato il 14 agosto, gestito da Autostrade per l’italia
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(Errebi) A giugno Gilberto Benetton

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