La Lega vola, il Trentino cambia volto
La prima volta del centrodestra. Carroccio primo partito con Fugatti governatore. Doppiato il Pd
La Provincia autonoma di Trento affida agli archivi elettorali vent’anni di storia di centrosinistra autonomista e si allinea al Nordest leghista. È questo l’esito delle elezioni provinciali. L’obiezione antileghista non ha più funzionato nelle coscienze politiche trentine e il partito di Matteo Salvini, che ha battuto il territorio palmo a palmo durante la campagna elettorale ed è l’effettivo vincitore della competizione, ora ha ricomposto sotto un’unica bandiera uno spazio geografico che va da Trieste a Milano, passando per Trento e forse Bolzano (dove crescono le quotazioni per un governo Svp-lega). Il Carroccio diventa il primo partito e sale al 27%, guadagnando ventuno punti percentuali rispetto al 2013 e mantenendo il trend delle recenti politiche; il Pd paga la spaccatura del centrosinistra autonomista, scendendo vertiginosamente negli inferi del consenso (dal 22,07% al 13,9%). Quasi ininfluente la presenza del M5S (7,2%).
Si chiude un lungo ciclo politico — che aveva le sue radici nella nascita della Margherita, felice intuizione del tre volte governatore Lorenzo Dellai — e se ne schiude un altro con la presidenza dell’attuale sottosegretario alla sanità Maurizio Fugatti. Il candidato leghista, sostenuto dal centrodestra e da liste territoriali, si è attestato al 46,7%, superando la soglia (40%) che attribuisce il premio di maggioranza. Nell’alleanza il Carroccio ha fagocitato tutti i suoi alleati: FI si riduce a comparsa (2,8%, un eletto), FDI non entra nemmeno in consiglio (1,44%). Si salvano solo alcune liste territoriali e autonomiste. Rispetto all’espressione di voto del 4 marzo, la Lega conquista qualche decimale (perdendo 24.000 voti in termini assoluti). Ma lì si era giovata di un’affluenza più alta (79,6% contro il 64,05% di domenica). La trasformazione nazionale del test locale ha dato comunque ragione a Salvini che è riuscito a violare una roccaforte storica del centrosinistra.
Il centrosinistra autonomista si è, invece, presentato con due candidati nel più classico degli harakiri. Il governatore uscente Ugo Rossi (Partito autonomista-patt), silurato dall’ex maggioranza dopo un estenuante confronto, ha conquistato un inaspettato 12,4%. L’ex senatore dem Giorgio Tonini si è fermato al 25,4% con il Pd dissanguato: 17 mila voti in meno rispetto al 2013 e 25 mila rispetto alle politiche del 4 marzo.
Infine, il Movimento 5 stelle si arresta al 7,2%, ben lontano dall’obiettivo minimo di raddoppiare i voti (5,84% nel 2013). È rimasto schiacciato dalla polarizzazione del voto, dall’inessenzialità di alcune battaglie (il no al tunnel del Brennero, il reddito di cittadinanza già presente in Trentino) e dalla prova muscolare di Salvini che ha stravinto il derby di governo.