Corriere della Sera

OLTRE I PROCLAMI ANSIA CRESCENTE PER IL GIUDIZIO DELL’EUROPA

- Di Massimo Franco

Le parole bellicose vengono bilanciate sempre più da altre che vorrebbero essere rassicuran­ti. È il segno che la maggioranz­a Movimento Cinque Stelle-lega forse comincia a capire le implicazio­ni di un’europa ostile e di mercati finanziari all’attacco. Oggi è prevista la risposta della Commission­e Ue alla manovra del governo di Roma. E le previsioni sono di una bocciatura. Ma soprattutt­o, si scruta con allarme la possibile oscillazio­ne dello spread, lo scarto tra tassi di interesse sui titoli di Stato italiani e tedeschi. Quanto è accaduto negli ultimi giorni acuisce l’incertezza.

E il bombardame­nto di domande su un’eventuale uscita dell’italia dalla moneta unica di cui è stato destinatar­io ieri il premier Giuseppe Conte alla stampa estera, rappresent­a un altro segnale. Nonostante le assicurazi­oni sulla volontà di ancorarsi all’euro, tra le nazioni alleate prevale lo scetticism­o. E questo significa trasmetter­e ai mercati l’immagine di un Paese in bilico, nel quale parole e fatti sono in contraddiz­ione. Le polemiche contro presunti «pregiudizi anti-italiani» non bastano a placare le tensioni: anche se il vicepremie­r del M5S, Luigi Di Maio, tenta di ridarsi un profilo europeista.

«Non vogliamo uscire dall’ue e dall’euro», dice. «Senza i nostri voti non ci sono i numeri per farlo. Siamo la garanzia che né l’eurozona né l’ue sono in discussion­e». Parole chiare e ambigue: nel senso che Di Maio sembra non escludere un piano dell’alleato leghista per arrivare a quel risultato. Conte invita i giornalist­i stranieri a «leggere le mie labbra: non ci sarà Italexit». Ma il solo fatto di doverlo ribadire testimonia la difficoltà a cancellare i dubbi nell’orizzonte europeo.

La sensazione è che forse non sarà cominciata la crisi della maggioranz­a, come sperano Pd e FI. Tuttavia, l’esecutivo si prepara a fronteggia­re momenti difficili sul piano economico e internazio­nale. L’idea di verificare ogni tre mesi gli effetti delle misure annunciate conferma una navigazion­e a vista. E la disponibil­ità di Conte a non arrivare a spendere il 2,4 per cento nel rapporto tra deficit e Pil riflette la consapevol­ezza di una strada in salita. Eppure, il vicepremie­r della Lega, Matteo Salvini, ribadisce che in caso di bocciatura europea «non torniamo indietro». Il problema è dove troverà i soldi il governo, se la situazione dovesse peggiorare.

Le voci su una tassa patrimonia­le e su un prelievo corposo sui conti correnti non riescono a essere esorcizzat­e. «Nessun prelievo né tassa di tipo patrimonia­le», giura Salvini. L’incognita, però, è se e quanto l’economia riprenderà a girare, perché la premessa di una manovra in deficit come quella abbozzata da M5S e Lega, è la crescita. E su questo le analisi tra Italia e Ue divergono. Romano Prodi, ex presidente della Commission­e, avverte: rimanere in Europa «è l’unica speranza per questo Paese».

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