OLTRE I PROCLAMI ANSIA CRESCENTE PER IL GIUDIZIO DELL’EUROPA
Le parole bellicose vengono bilanciate sempre più da altre che vorrebbero essere rassicuranti. È il segno che la maggioranza Movimento Cinque Stelle-lega forse comincia a capire le implicazioni di un’europa ostile e di mercati finanziari all’attacco. Oggi è prevista la risposta della Commissione Ue alla manovra del governo di Roma. E le previsioni sono di una bocciatura. Ma soprattutto, si scruta con allarme la possibile oscillazione dello spread, lo scarto tra tassi di interesse sui titoli di Stato italiani e tedeschi. Quanto è accaduto negli ultimi giorni acuisce l’incertezza.
E il bombardamento di domande su un’eventuale uscita dell’italia dalla moneta unica di cui è stato destinatario ieri il premier Giuseppe Conte alla stampa estera, rappresenta un altro segnale. Nonostante le assicurazioni sulla volontà di ancorarsi all’euro, tra le nazioni alleate prevale lo scetticismo. E questo significa trasmettere ai mercati l’immagine di un Paese in bilico, nel quale parole e fatti sono in contraddizione. Le polemiche contro presunti «pregiudizi anti-italiani» non bastano a placare le tensioni: anche se il vicepremier del M5S, Luigi Di Maio, tenta di ridarsi un profilo europeista.
«Non vogliamo uscire dall’ue e dall’euro», dice. «Senza i nostri voti non ci sono i numeri per farlo. Siamo la garanzia che né l’eurozona né l’ue sono in discussione». Parole chiare e ambigue: nel senso che Di Maio sembra non escludere un piano dell’alleato leghista per arrivare a quel risultato. Conte invita i giornalisti stranieri a «leggere le mie labbra: non ci sarà Italexit». Ma il solo fatto di doverlo ribadire testimonia la difficoltà a cancellare i dubbi nell’orizzonte europeo.
La sensazione è che forse non sarà cominciata la crisi della maggioranza, come sperano Pd e FI. Tuttavia, l’esecutivo si prepara a fronteggiare momenti difficili sul piano economico e internazionale. L’idea di verificare ogni tre mesi gli effetti delle misure annunciate conferma una navigazione a vista. E la disponibilità di Conte a non arrivare a spendere il 2,4 per cento nel rapporto tra deficit e Pil riflette la consapevolezza di una strada in salita. Eppure, il vicepremier della Lega, Matteo Salvini, ribadisce che in caso di bocciatura europea «non torniamo indietro». Il problema è dove troverà i soldi il governo, se la situazione dovesse peggiorare.
Le voci su una tassa patrimoniale e su un prelievo corposo sui conti correnti non riescono a essere esorcizzate. «Nessun prelievo né tassa di tipo patrimoniale», giura Salvini. L’incognita, però, è se e quanto l’economia riprenderà a girare, perché la premessa di una manovra in deficit come quella abbozzata da M5S e Lega, è la crescita. E su questo le analisi tra Italia e Ue divergono. Romano Prodi, ex presidente della Commissione, avverte: rimanere in Europa «è l’unica speranza per questo Paese».