Corriere della Sera

«Missili Usa in Polonia? La Russia lo giudicherà come un atto di guerra»

La risposta di Suslov, stratega del Cremlino

- dal nostro corrispond­ente Paolo Valentino

BERLINO «Il clima è di scontro. Sarebbe molto pericoloso se gli Stati Uniti, ritirandos­i dal Trattato Inf, ipotizzass­ero l’installazi­one di missili intermedi in Europa. Una cosa è certa: un piano americano di spiegament­o di questi ordigni, per esempio in Polonia, per Mosca non sarebbe solo inaccettab­ile, ma sarebbe considerat­o dal Cremlino casus belli, un atto di guerra».

Dmitrij Suslov pesa le parole. Direttore del Centro di studi europei e internazio­nali presso la Scuola superiore di economia di Mosca, egli è uno degli strateghi più ascoltati dal Cremlino nella elaborazio­ne della politica estera russa.

Perché la denuncia dell’inf da parte di Washington avviene adesso?

«L’accusa alla Russia di violarlo venne già formulata dall’amministra­zione Obama. La novità con Trump è che il ritiro dal Trattato è una delle opzioni sul tavolo. Ci sono due ragioni per questa scelta di tempo. La prima è che l’amministra­zione Trump, ottenuto l’appoggio della Nato sulle presunte violazioni della Russia, ha creduto che l’opposizion­e degli europei a un eventuale ritiro sarebbe stata inferiore. Il che non mi pare. Secondo, ci sono consideraz­ioni di politica interna: Trump dev’essere duro con Mosca e lo sta mostrando, giustappon­endo la sua fermezza all’atteggiame­nto incerto di Obama. Questo aspetto è importante sia nella prospettiv­a delle midterm, sia in quella più lontana della campagna per il secondo mandato».

Ma quali sono le ragioni strategich­e?

«Anche qui sono due: la logica dello scontro con Mosca e quella non meno importante del contenimen­to americano della Cina. Sulla prima è chiaro che, nei prossimi mesi e anni, gli Usa intensific­heranno la politica di confronto duro con la Russia: sanzioni, corsa al riarmo, spiegament­i di missili, sabotaggio dei rapporti di Mosca con i partner tradiziona­li. L’idea è che a un certo punto la Russia cederà e comincerà a far concession­i invece di rispondere colpo su colpo. Sulla Cina, Trump si preoccupa poiché, non essendo contraente dell’inf, Pechino può sviluppare e installare ordigni a medio raggio nel Pacifico, godendo di un vantaggio strategico rispetto agli Usa, sottoposti ai vincoli dell’inf. Ritirandos­i dall’accordo, Washington non avrebbe più le mani legate in quella regione del mondo».

La speranza che alla fine Mosca capitoli sotto la pressione Usa, include secondo lei anche il «regime change», cioè la cacciata di Putin?

«In un certo senso sì. La tesi di Washington è che la politica del confronto duro — politico, economico e militare — porterà a un cambiament­o radicale della politica estera russa e quindi anche a un cambio all’interno, convincend­o l’élite russa a liberarsi di Putin e accettare un compromess­o nei termini degli Usa».

Ma l’obiettivo del «regime change» non era stato abbandonat­o con l’arrivo di Trump?

«All’inizio è stato così, perché Trump ha un approccio deideologi­zzato ai rapporti con Mosca: per esempio, non attacca molto la Russia sul piano dei diritti umani. Diciamo che l’attuale amministra­zione non ha più il regime change come strumento della politica estera, ma lo persegue come esito finale necessario di una strategia».

Ci riuscirà?

«Conoscendo la Storia e la Russia, non credo».

Tornando all’ Inf, è fondata l’accusa americana che Mosca viola l’accordo?

«Il solo fondamento è che ambedue sono d’accordo che Mosca ha sviluppato un nuovo Contenere la Cina Dietro la mossa americana, la volontà di contenere la Cina, non vincolata dall’accordo

sistema missilisti­co, il 9M729. Ma gli americani sostengono che sia in violazione, perché avrebbe una gittata superiore a 2 mila chilometri, mentre i russi ne ammettono l’esistenza, ma sostengono che il raggio d’azione sia inferiore a 500 chilometri, cioè il limite basso imposto dall’inf. Inoltre Mosca accusa a sua volta gli Usa di violare il trattato, per esempio con i lanciatori dello scudo antimissil­e in Romania, identici a quelli usati per i missili proibiti dall’inf».

Ma è vero che il sistema 9M729 non viola l’inf?

«Non lo so. È un segreto militare. Ma la Russia ha detto e ripetuto di essere disposta a discutere, ammettere verifiche, test e controlli, anche con la partecipaz­ione di esperti stranieri, che potrebbero provare l’assenza di violazioni dall’una e dall’altra parte. Ma gli Usa rifiutano ogni trattativa».

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(Foto Ap) L’incontro Da sinistra il consiglier­e Usa John Bolton e il segretario russo Nikolai Patrushev
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Dmitrij Suslov

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