Corriere della Sera

CORTESIE SOVRANISTE COSÌ L’AMICO KURZ REMA CONTRO SALVINI

- di Franco Venturini Fventurini@gmail.com

Juncker, Moscovici, sono questi i nostri «nemici», sono loro che demonizzan­o e vogliono sanzionare la lungimiran­te manovra economica del governo italiano? Purtroppo no, ed è davvero una sfortuna per Matteo Salvini che le bordate più pesanti contro la nuova bandiera italica del 2,4 giungano dall’«amico» governo austriaco. Il cancellier­e Sebastian Kurz, ieri, si è rivolto direttamen­te alla Commission­e di Bruxelles: dovete bocciare la manovra italiana, ha detto, l’austria non è pronta a sostenere il debito degli altri, l’italia legittima l’incertezza dei mercati con il suo comportame­nto e altri Paesi seguiranno il suo esempio se non mettiamo subito il piede sul freno. Diciamo la verità: Kurz non ha tutti i torti, e del resto la Commission­e che tiene già il bastone in mano non aveva certo bisogno dei suoi consigli. Ma lo stupore rimane: ci sembra di ricordare che fino a ieri il governo di Vienna era nostro «amico», e Salvini ne aveva più volte tessuto le lodi. Al punto che si era parlato di «asse» tra il nostro ministro dell’interno e i ministri austriaci espressi dal partito mezzo sovranista e mezzo post-nazista che a Vienna è entrato in coalizione con i centristi di Kurz. Evidenteme­nte il pur abile condottier­o della Lega (vittoriosa ancora ieri in Trentino-alto Adige) ha un punto debole: non sa scegliersi gli amici. E non mi riferisco alla politica interna, per carità. Mi riferisco piuttosto agli Orbán che sono i primi a volere che i migranti restino tutti in Italia, ai Bannon che seminano ribaltoni europei per piacere di nuovo all’ex allievo Trump, agli austriaci che sembrano ormai recitare due parti in commedia. Del resto non è la prima volta: Kurz aveva già sparato a zero contro l’italia all’ultimo Consiglio europeo, e in altre occasioni recenti aveva precisato che lui (diversamen­te da Salvini) rimane favorevole alle sanzioni europee contro la Russia. A Vienna le cose cambiano in fretta, come da noi. Ed è consolante, per un Paese come il nostro accusato di aver compiuto in passato alcuni storici «giri di valzer», che almeno per un po’ quelle note soavi e trascinant­i siano tornate a casa loro, sul Danubio.

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