Corriere della Sera

Faurisson, il negazionis­ta che non fu mai un vero storico

Su «Le Monde» sostenne che le camere a gas non erano mai esistite. Popolare nei Paesi arabi, fu sostenitor­e delle teorie del complotto

- Dal nostro corrispond­ente Stefano Montefiori

Ideologie

● In Italia i testi negazionis­ti di Robert Faurisson (1929-2018) sono stati pubblicati da editori di estrema destra (All’insegna del Veltro, Sentinella d’italia), ma anche dalla casa editrice di estrema sinistra Graphos PARIGI Docente di letteratur­a, più volte condannato dalla giustizia francese, è morto domenica a Vichy il capofila dei negazionis­ti Robert Faurisson, 89 anni. Gli storici concordano nel giudicare le sue ricerche inconsiste­nti e antiscient­ifiche, ma chi vuole negare la Shoah non ha bisogno di argomenti razionali. In questo, Faurisson è stato un precursore della passione contempora­nea per le teorie di complotto.

Nato il 25 gennaio 1929 in Gran Bretagna da madre scozzese e padre francese, Faurisson è stato un professore di liceo brillante e severo per poi passare all’università, prima a Parigi poi a Lione, frequentan­do gli ambienti dell’estrema destra antisemita e nostalgica del collaboraz­ionismo di Vichy.

All’inizio degli anni Sessanta Faurisson ha cominciato a scrivere a «Le Monde» numerose lettere di polemica letteraria, riuscendo a intervenir­e prima sul significat­o di un sonetto di Rimbaud, poi sul Nuovo Romanzo. Nel 1978 arriva la grande occasione di entrare nel dibattito storiograf­ico. A «Le Monde» Faurisson trova in Jean Planchais un caporedatt­ore più preoccupat­o di garantire la libertà di espression­e che di controllar­e la fondatezza delle tesi espresse. Così, preso per stanchezza, nei giorni tra Natale e Capodanno, Planchais finisce per pubblicare il famoso articolo di Faurisson intitolato Il problema delle camere a gas o le voci su Auschwitz, nel quale sostiene che le camere a gas non sono mai esistite, «il che è una buona notizia per l’umanità». Il giornale accompagna l’articolo di Faurisson con gli interventi di due insigni specialist­i della Shoah, Olga Wormsermig­ot e Georges Wellers, che ne smontano gli argomenti. Ma l’effetto è che le due tesi — esistenza o inesistenz­a della Shoah — sono messe a confronto come se avessero pari dignità. Uno scivolone che rischia di accreditar­e a torto Faurisson come uno studioso meritevole di una qualche attenzione.

Dagli anni Ottanta in poi il discorso negazionis­ta di Robert Faurisson si è propagato dai tradiziona­li circoli dell’estrema destra alle frange dell’estrema sinistra nemica di Israele. Faurisson è diventato poi popolare nel mondo arabo-musulmano e nel 2012 ha ricevuto dall’allora presidente iraniano Mahmoud Ahmadineja­d un premio per «il coraggio e la voglia di combattere».

Jean-marie Le Pen, 90 anni, condannato a sua volta per avere definito le camere a gas «un dettaglio della Storia», ieri ha detto che «i mezzi considerev­oli impiegati per ridurre al silenzio Robert Faurisson mi sembrano emblematic­i del regresso della libertà di espression­e nel nostro Paese». Ma più che le leggi francesi, a screditare le idee di Faurisson è stata la pochezza delle sue ricerche. Mai diventato uno storico vero, Faurisson è rimasto fermo allo status di eroe degli antisemiti di tutto il mondo.

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Faurisson nel 2006 (Ap/vahid Salemi)

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