Corriere della Sera

La sfida interna che sta isolando il capo dei 5 Stelle

- Di Francesco Verderami

Di Maio non vive la solitudine del capo, che è chiamato ad assumersi la responsabi­lità delle decisioni. Di Maio vive l’isolamento del capo, che viene sconfessat­o appena prende una decisione. Ormai è uno stillicidi­o quotidiano che rivela la sfida interna a M5S. Dove si combatte per sostituire il capo con un altro capo.

L’accerchiam­ento che il vicepremie­r cerca di rompere, è un fronte che ogni giorno mette insieme l’ala movimentis­ta del grillismo — riottosa all’alleanza con la Lega — e la gestione del Paese, che impone scelte di governo: ieri Di Maio non solo ha dovuto gestire la fronda di alcuni suoi parlamenta­ri al decreto fiscale, ha dovuto anche subire il via libera del premier al «famigerato» gasdotto Tap. Per spezzare la tenaglia, il capo M5S ha usato quella che i suoi consiglier­i per la comunicazi­one chiamano la «tecnica del ribaltamen­to», che serve quando si vuole spostare l’attenzione mediatica da un tema a un altro: perciò ha attaccato Mario Draghi, seguendo lo stesso schema che lo portò a chiedere per poche ore l’impeachmen­t di Mattarella.

La sortita contro il presidente della Bce non solo non è piaciuta ai governisti dei Cinque Stelle — secondo cui «Luigi invece di attaccarlo doveva chiamarlo» — ma non ha trovato sponde neppure tra i leghisti. Al vertice del Carroccio non è stato solo Giorgetti a riconoscer­e i meriti di Draghi «che in questi anni ha salvato l’europa e l’italia», che «ora ci sta aiutando nella trattativa» con Bruxelles sulla manovra, e che ha pronunciat­o «un discorso equilibrat­o». Dinnanzi a questa posizione il segretario è dovuto intervenir­e per sottolinea­re che «Di Maio nel governo resta il nostro unico interlocut­ore». La difesa dell’alleato «in difficoltà» fa risaltare la frattura interna ai Cinque Stelle: Salvini oggi appare più vicino al capo dei grillini di quanto non lo sia Fico. D’altronde l’affondo contro il decreto fiscale evoca le parole pronunciat­e dal presidente della Camera: «Noi non voteremo mai un condono».

Il punto è che l’ala movi- mentista non vuol votare neppure il decreto sicurezza, e dopo l’ilva e il Tap teme che arriverà anche l’ora della Tav. Magari dopo un ridimensio­namento del reddito di cittadinan­za, se è vero che — lo riferiscon­o fonti del governo — sulla manovra «si sta già lavorando a un’exit strategy» per arrivare a un compromess­o con la Commission­e europea. Insomma, se Di Maio dice che «Draghi avvelena il clima», forse è perché l’aria nel Movi- mento sta diventando irrespirab­ile. Non basta più la «tecnica del ribaltamen­to», né il sostegno di Salvini, che ieri — per venire incontro alle richieste dell’altro vicepremie­r — ha cambiato i toni su Roma e non ha affondato di nuovo il colpo sulla disastrosa gestione del Campidogli­o.

L’accerchiam­ento è in atto, tra i grillini si combatte per prepararsi a sostituire il capo con un altro capo: certo Di Battista non interrompe­rà le vacanze sudamerica­ne per candidarsi al posto della Raggi e «spendere» così il suo secondo e ultimo mandato. E questo è il problema più delicato per Di Maio, che toglie dalla sua prospettiv­a la variabile del voto anticipato. Il ricorso alle urne potrebbe essere una soluzione, se non fosse che lo statuto grillino gli impedirebb­e di ripresenta­rsi agli elettori. L’ipotesi di una deroga fu discussa all’inizio della legislatur­a, quando si immaginava che non sarebbe stato possibile formare un governo: allora anche Fico e Di Battista concordava­no.

Per Di Maio sarebbe possibile riaprire l’argomento e abbattere il totem, ora che le tensioni hanno creato un fossato tra Cinque Stelle? «Non è il momento», dicono infatti i fedelissim­i, che però non escludono l’opzione. D’altronde, se il vicepremie­r non sciogliess­e il nodo del doppio mandato, quel nodo si farebbe per lui scorsoio. E i duri e puri del grillismo è lì che lo attendono al varco, sono loro che adesso vedono le elezioni come una via d’uscita dal «contratto» che li sta indebolend­o. Le divergenze interne stanno portando verso un punto di rottura, questa è anche la tesi nella Lega. Non a caso Salvini riconosce a Di Maio il ruolo di «unico interlocut­ore»...

Gli ostacoli Il vincolo del doppio mandato e l’ombra di Di Battista pesano sul ritorno alle urne

 ?? (Epa) ?? In Europa L’economista Mario Draghi, 71 anni, governator­e della Banca d’italia dal 2005 al 2011, è presidente della Banca centrale europea dal primo novembre 2011
(Epa) In Europa L’economista Mario Draghi, 71 anni, governator­e della Banca d’italia dal 2005 al 2011, è presidente della Banca centrale europea dal primo novembre 2011

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy