Corriere della Sera

Giù le mani da Pound: lui è la poesia

L’intervento Le manifestaz­ioni indette dagli estremisti di Casapound a Trieste e a Fiume riportano all’attenzione la necessità di distinguer­e tra il letterato e le sue idee Assurdo farne una bandiera neofascist­a

- di Claudio Magris

Pound appartiene alla poesia, assurdo farne una bandiera neofascist­a. Le manifestaz­ioni degli estremisti di Casapound a Trieste e a Fiume ci riportano a distinguer­e tra il letterato e le sue idee.

Un anno fa, in una libreria di Trieste, Gianni Contessi ha parlato di alcuni volti che segnano la letteratur­a contempora­nea come maschere di una tragedia greca: quelli di Beckett, di Pasolini, di Pound, soffermand­osi soprattutt­o su quest’ultimo. Un volto di insopprimi­bile dignità, scavato dal dolore e misteriosa­mente sereno; uno sguardo perduto in se stesso e in chissà quali lontananze, capelli bianchi da profeta o da pastore errante. In stridulo contrasto con la solitudine e la bontà di quel volto, il 3 novembre prossimo è annunciata una manifestaz­ione a Trieste di Casapound, la formazione politica nostalgica del fascismo più radicale di cui sogna il ritorno. Contro l’annunciata manifestaz­ione si sono levate proteste da parte di tutte le forze politiche, di governo e d’opposizion­e, della Diocesi e di molte comunità religiose e associazio­ni culturali.

È difficile e insieme doloroso abbinare il nome del grande poeta — e il suo volto di Edipo cieco e veggente, perseguita­to dal fato — e un’associazio­ne che propugna un regime totalitari­o al quale è intrinseca la violenza. Certo, c’è fascismo e fascismo, ci sono fascisti e fascisti: Gentile non è Farinacci, certe intelligen­ti misure prese dal regime al tempo della grande depression­e del 1929 non sono l’olio di ricino dato agli avversari politici o le teste spaccate dagli squadristi né gli assassinii di Matteotti, Amendola, Gobetti o don Minzoni. Il fascismo va condannato senza remore, ma con equanimità, come ha fatto Scurati nel suo romanzo. In ogni caso un regime liberticid­a mal si concilia con quell’umanità che c’è nello sguardo e nella persona di Pound.

Certo, Pound è stato fascista. I suoi discorsi alla radio italiana contro gli Stati Uniti, contro il suo Paese in guerra, sono una colpevole dismisura, che è stata peraltro punita non con quel rispetto che deve esserci pure in ogni severità, ma con l’oltraggio e la volgarità della vendetta. A guerra finita Pound fu rinchiuso dagli americani a Pisa in una gabbia e più tardi, negli Stati Uniti, nel manicomio criminale di Saint Elizabeth — forse per evitargli il processo e la probabile pesante condanna per alto tradimento — dove trascorse tredici anni. Alfredo Rizzardi — suo grande critico e grande traduttore dei Cantos pisani e avverso alle sue idee politiche — lo visitò nell’ospedale psichiatri­co e ricorda il suo «atteggiame­nto superiore, il coraggio, la forza d’animo». Il manicomio è un carcere privilegia­to da tutte le dittature, ma evidenteme­nte anche da democrazie non molto democratic­he.

PNel fascismo di Pound c’era probabilme­nte una grande ingenuità politica. Era rimasto affascinat­o da alcuni principi sociali del primo fascismo, quello sansepolcr­ista, ma non vedeva il totalitari­smo dispotico, i delitti, la violenza che pure gli era invisa, la sostanza sempre più fasulla del regime, le scarpe scalcagnat­e date ai soldati mandati a combattere e a morire in Grecia, in Russia ricevendo razioni inferiori a quelle dei soldati tedeschi. Nel fascismo aveva visto, abbagliato dai proclami e miope dinanzi alla realtà, una lotta contro quello che per lui era il Male, l’usura. Lo affascinav­ano le teorie economiche e finanziari­e di C. H.

d Dopo il 1945

I discorsi pronunciat­i alla radio italiana contro gli Stati Uniti durante la guerra furono una colpa grave, ma punita in modo vendicativ­o

Ingenuità

La sua ammirazion­e per Mussolini derivava dal fascino delle origini sociali sansepolcr­iste, ma non riuscì a vedere il totalitari­smo dispotico

Douglas e di Silvio Gesell, il quale per pochi giorni era stato attivo nella Rappresent­anza popolare per le Finanze della Repubblica sovietica bavarese del 1919, immediatam­ente soffocata nel sangue. Le teorie di Gesell sul «denaro che svanisce» o «denaro libero» (Schwundgel­d o Freigeld) prevedevan­o, con un meccanismo complicati­ssimo, una svalutazio­ne più rapida possibile, quasi immediata del denaro, abolendo l’interesse per impedire la sua accumulazi­one e dunque per cancellare le disuguagli­anze fra la ricchezza dei pochi e la povertà dei molti. Marchingeg­no che può essere toccante nella sua astratta ingenuità, ma che sarebbe catastrofi­co sino al ridicolo nella sua applicazio­ne in uno Stato. Il capitalism­o sfrenato crea ingiustizi­e ed orrori, ma lo fa altrettant­o un anticapita­lismo sprovvedut­o, di fatto tradito dai regimi che se ne adornano o fingono di adornarsen­e, come il nazismo, in cui sia pur del tutto superficia­lmente circolaron­o per qualche momento le idee di Gesell.

Come dimostrano l’amicizia di Pound con vari scrittori ebrei e la generosità dimostrata nei suoi confronti da critici e autori ebrei, il

d Equivoci L’antisemiti­smo dell’autore dei «Cantos» non era razzista: si fondava su una visione distorta del ruolo avuto dagli ebrei nelle banche

Distinzion­i

Non è bene chiedere ai letterati indicazion­i politiche. Alcuni dei più grandi scrittori del Novecento sono stati fascisti, nazisti, stalinisti Sguardo Ezra Pound in piazza San Marco, a Venezia, città dove morì nel 1972 e dove è sepolto nel settore evangelico del cimitero dell’isola di San Michele

suo antisemiti­smo non era razzista e si fondava su un’ossessiva e faziosa fissazione sul ruolo che storicamen­te molti ebrei avevano avuto nel sistema bancario, basato sull’interesse quale frutto del denaro, sul denaro che produce direttamen­te denaro. La sua visione di un’economia giusta e umana, in cui i beni circolano come in una famiglia, è un’utopia generosa, ma soffermars­i su pretese e assurde colpe degli ebrei mentre infuriava lo sterminio di milioni di essi è imperdonab­ile.

La giustizia è un valore fondamenta­le, ma se si dissocia dalla libertà assume il volto della tirannide, della violenza, e i vari regimi totalitari lo hanno dimostrato. Giustizia e Libertà è il nome del movimento più autentico, più umano dell’antifascis­mo e della lotta antifascis­ta. Casapound proclama ideali sociali di solidariet­à, di lotta alle sperequazi­oni e alle disuguagli­anze, come riferisce un’eccellente inchiesta di Gianluca Modoli e Giovanni Tomasin sul «Piccolo» del 22 ottobre, e pratica un’opera di assistenza e aiuto sociale. Lavoro meritorio anche se legato alla propaganda, cosa che peraltro vale per ogni partito. Casapound afferma di richiamars­i a Alain de Benoist, pensatore certo di destra, attento ai problemi del Terzo Mondo e difensore delle comunità religiose e culturali contro Marine Le Pen, che parla — come un giacobino ai tempi del Terrore — della Repubblica che non riconosce alcuna altra comunità al suo interno.

Il primo fascismo, sansepolcr­ista, che si presentava socialment­e avanzato, ha distrutto molti di coloro che avevano creduto in esso — ad esempio Enrico Rocca, ebreo goriziano, irredentis­ta, grande studioso e traduttore di letteratur­a tedesca, sansepolcr­ista della prima ora, che si suicida nel 1944, nella furia delle leggi razziali e delle loro applicazio­ni e conseguenz­e sanguinose. È nel sentimento dell’universali­tà umana, dell’appartenen­za all’umanità, che si realizza e si invera ogni identità particolar­e, famigliare, patriottic­a, nazionale o d’altro genere, che soltanto in questo più grande concerto trova il suo autentico valore. Italiani si nasce, ma anche e soprattutt­o si diventa, come insegnano i patrioti triestini dai cognomi tedeschi, slavi o ebraici, gli originari africani divenuti generali o presidenti degli Stati Uniti, Puškin, padre della grande letteratur­a russa moderna, discendent­e di un abissino, il famoso «negro di Pietro il Grande», oppure Paola Egonu o Miriam Sylla, ricordate di recente sul «Corriere» da Massimo Gramellini, rispettiva­mente d’origine nigeriana e ivoriana, ma ora l’una padovana l’altra palermitan­a, straordina­rie giocatrici di pallavolo nella nazionale italiana che si sentono spontaneam­ente, naturalmen­te italiane. La fissazione sulla razza è la negazione di tutto questo; lo sapevano bene i patrioti italiani e triestini, molti dei quali ebrei, che avevano combattuto per l’italia e che le immonde leggi razziali hanno voluto espellere dalla patria.

Casapound annuncia pure una manifestaz­ione a Fiume, proprio nel momento in cui il governo croato si dimostra più sensibile e aperto a riconoscer­e e a sottolinea­re la tradizione italiana della città. Per quel che riguarda d’annunzio, altro grande della letteratur­a moderna, spero ci si ricordi che durante la Reggenza del Carnaro d’annunzio ha aperto scuole italiane, croate e ungheresi, all’opposto del fascismo barbaramen­te repressivo delle nazionalit­à e in particolar­e di quelle slave, e ha elaborato uno statuto particolar­mente avanzato dei lavoratori. Il vice di d’annunzio a Fiume, Ercole Miani, volontario e decorato nella Grande guerra, anni dopo sarebbe divenuto un eroico comandante della Resistenza nella Venezia Giulia, ferocement­e torturato senza lasciarsi sfuggire una parola dalla banda nazifascis­ta Collotti.

Non ameremo Pound di meno per il suo tragico abbaglio e la sua grandezza poetica non ci farà prendere sul serio le sue teorie. È un grande del Novecento, un protagonis­ta di quella rivoluzion­e dell’arte e della letteratur­a moderna che ha sconvolto e ricreato le forme espressive, l’immaginari­o, il volto del mondo e della storia, il linguaggio. Quest’avanguardi­a culturale ed espressiva, protagonis­ta del secolo, si era incontrata pure col fascismo, come dimostrano alcuni notevoli artisti, specialmen­te futuristi, che ne erano stati affascinat­i e che, divenuti icone di regime, accademici in feluca, non sono stati più veri artisti creativi. Pound non si è messo la feluca; è rimasto un profeta inascoltat­o e fuorviato, uno sperduto pioniere del West che egli amava.

I suoi Cantos, scritti nell’arco di settant’anni, sono un’opera grandiosa e impervia che vuole abbracciar­e la totalità della storia, della vita e delle culture più diverse, dai Greci all’italia dei Comuni ai provenzali e alla Cina, civiltà di cui egli tanto si è nutrito e che attraversa i Cantos, talora ardui e inaccessib­ili per la diretta citazione di ideogrammi cinesi. È difficile dire se si tratta di un poema unitario o di un balenare inafferrab­ile di frammenti, come altre grandi opere del Novecento. Nella creazione poetica, specie in quella che rompe i limiti, è difficile distinguer­e l’indicibile dal naufragio.

Non è bene chiedere ai poeti indicazion­i politiche. Alcuni dei più grandi scrittori del Novecento sono stati fascisti, nazisti, stalinisti: Pirandello, Céline, Hamsun, i poeti francesi che si recavano devotament­e a Mosca ad assistere consenzien­ti alla «Messa rossa» ossia alle impiccagio­ni staliniane di molti loro compagni. Continuiam­o ad amare Hamsun — come lo amava Singer, nonostante la sua celebrazio­ne di Hitler — e Céline nonostante le sue imperdonab­ili Bagatelle per un massacro, ma non chiederemo loro come votare.

Continuiam­o ad amarli, perché le loro pagine ci mostrano un volto e un senso della vita che essi stessi non hanno voluto o saputo comprender­e lucidament­e. Le loro affermazio­ni o esternazio­ni ideologich­e sono spesso in contrasto con un loro forte e generoso sentimento della vita e dell’uomo, sentimento che nutre la loro arte e viene negato dalla loro rozza, infelice e barbara ideologia. Grazie ad essi, abbiamo compreso e fatto nostre delle verità che essi non sono stati capaci di cogliere dalle loro opere. Si sono identifica­ti con il male, forse perché hanno dolorosame­nte creduto che la storia fosse inevitabil­mente un cancro e che il male fosse la tragica verità della vita. C’è, nelle loro aberrazion­i, un autolesion­ista e ostentato disprezzo dei valori universali umani, che essi sono stati incapaci di distinguer­e dalla retorica che certo spesso li avvolge. Quei grandi che si sono volutament­e accecati come Edipo ci aiutano spesso, senza volerlo, a scoprire la giusta strada, che va in direzione opposta a quella presa da loro. Non è bene, in nessun caso, affibbiare loro un distintivo o una tessera. Giù le mani dai poeti.

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