«Il Tap si deve fare». La svolta M5S E i comitati insorgono: dimettetevi
Via libera di Conte, malumori nel partito. Tensioni con la Lega sul decreto sicurezza
I leader del Comitato No Tap non l’hanno presa bene: «Una presa in giro. Siete diventati parlamentari e ministri grazie a noi. Ora dimettetevi tutti». L’annuncio ufficiale lo dà il premier Giuseppe Conte e conferma quello che si sapeva da tempo. E cioè che il Tap, il contestato gasdotto (Trans Adriatic Pipeline) che collegherà il mar Caspio con la Puglia, si farà. Quanto basta per scatenare una tempesta di reazioni delle opposizioni, ma anche un forte malumore interno, che si va ad aggiungere a quello per i decreti fisco e sicurezza, con i dissidenti, guidati dal comandante Gregorio De Falco che non hanno nessuna intenzione di ritirare gli emendamenti critici. E che con la loro opposizione rischiano di creare un problema con l’alleato di governo. La Lega già pensa alla fiducia per blindare il testo.
Il premier rende noti i risultati delle verifiche tecniche fatte dal ministero dell’ambiente e fornisce le sue valutazioni. Quanto ai primi, spiega che si è registrata la «piena regolarità della procedura»: «Mi ero impegnato con le autorità locali e con i parlamentari eletti in Puglia a effettuare un rigoroso controllo delle procedure di realizzazione dell’opera al fine di verificare i profili di eventuale illegittimità che erano stati segnalati». Ma questi profili «non sono stati riscontrati». Come si poteva presumere, visto che già il Consiglio di Stato si era espresso in tal senso nel 2017.
Ma poi si arriva alla seconda parte della questione. Perché questo progetto è stato già avviato e interromperlo rischia di creare un grave danno economico. Come spiega ora Conte: «Abbiamo effettuato un’analisi costi-benefici e abbiamo dialogato con il territorio. Ad oggi non è più possibile intervenire sulla realizzazione di questo progetto, che è stato pianificato dai governi precedenti con vincoli contrattuali già in essere. Gli accordi chiusi in passato ci conducono a una strada senza via di uscita. Interrompere la realizzazione dell’opera comporterebbe costi insostenibili, pari a decine di miliardi».
Chiarisce con rabbia il vicepremier Luigi Di Maio: «Dalle analisi che abbiamo fatto nell’istruttoria ci sono almeno venti miliardi di penali da pagare, cioè che quelli di prima l’avevano blindata bene per fare in modo che, nonostante la sconfitta alle elezioni, potesse andare avanti».
E dunque si va avanti. Per la gioia dell’altro vicepremier, Matteo Salvini: «Avere l’energia che costerà meno a famiglie e imprese è fondamentale, quindi avanti con i lavori». Parlano invece con nota congiunta tre parlamentari 5 Stelle: «Il ministro Costa sbaglia ancora — scrivono Ciampolillo, De Bonis e Cunial —. La mancata ottemperanza di varie prescrizioni risulta evidente. Confidiamo nel lavoro della magistratura». E scoppia la rabbia tra i parlamentari pugliesi che chiedono l’intervento di Beppe Grillo.
Le opposizioni si scatenano. La capogruppo al Senato di Forza Italia Anna Maria Bernini attacca: «Ora il governo non ha più scuse, non perda tempo». Carlo Calenda, Pd, ironizza: «La Tap è Ilva 2 la vendetta». E da sinistra il segretario di Sel Nicola Fratoianni sottolinea: «Prima Sì Tav, poi Sì Grandi navi e ora il Sì Tap: cari elettori del M5S, questo è il governo delle grandi opere, delle promesse elettorali mancate e della Lega». Durissimo il sindaco di Melendugno Marco Potì: «Così si avalla una follia ingegneristica e la distruzione di un intero territorio. Nel Salento se lo ricorderanno».