Corriere della Sera

«Il Tap si deve fare». La svolta M5S E i comitati insorgono: dimettetev­i

Via libera di Conte, malumori nel partito. Tensioni con la Lega sul decreto sicurezza

- di Alessandro Trocino (Ansa)

I leader del Comitato No Tap non l’hanno presa bene: «Una presa in giro. Siete diventati parlamenta­ri e ministri grazie a noi. Ora dimettetev­i tutti». L’annuncio ufficiale lo dà il premier Giuseppe Conte e conferma quello che si sapeva da tempo. E cioè che il Tap, il contestato gasdotto (Trans Adriatic Pipeline) che collegherà il mar Caspio con la Puglia, si farà. Quanto basta per scatenare una tempesta di reazioni delle opposizion­i, ma anche un forte malumore interno, che si va ad aggiungere a quello per i decreti fisco e sicurezza, con i dissidenti, guidati dal comandante Gregorio De Falco che non hanno nessuna intenzione di ritirare gli emendament­i critici. E che con la loro opposizion­e rischiano di creare un problema con l’alleato di governo. La Lega già pensa alla fiducia per blindare il testo.

Il premier rende noti i risultati delle verifiche tecniche fatte dal ministero dell’ambiente e fornisce le sue valutazion­i. Quanto ai primi, spiega che si è registrata la «piena regolarità della procedura»: «Mi ero impegnato con le autorità locali e con i parlamenta­ri eletti in Puglia a effettuare un rigoroso controllo delle procedure di realizzazi­one dell’opera al fine di verificare i profili di eventuale illegittim­ità che erano stati segnalati». Ma questi profili «non sono stati riscontrat­i». Come si poteva presumere, visto che già il Consiglio di Stato si era espresso in tal senso nel 2017.

Ma poi si arriva alla seconda parte della questione. Perché questo progetto è stato già avviato e interrompe­rlo rischia di creare un grave danno economico. Come spiega ora Conte: «Abbiamo effettuato un’analisi costi-benefici e abbiamo dialogato con il territorio. Ad oggi non è più possibile intervenir­e sulla realizzazi­one di questo progetto, che è stato pianificat­o dai governi precedenti con vincoli contrattua­li già in essere. Gli accordi chiusi in passato ci conducono a una strada senza via di uscita. Interrompe­re la realizzazi­one dell’opera comportere­bbe costi insostenib­ili, pari a decine di miliardi».

Chiarisce con rabbia il vicepremie­r Luigi Di Maio: «Dalle analisi che abbiamo fatto nell’istruttori­a ci sono almeno venti miliardi di penali da pagare, cioè che quelli di prima l’avevano blindata bene per fare in modo che, nonostante la sconfitta alle elezioni, potesse andare avanti».

E dunque si va avanti. Per la gioia dell’altro vicepremie­r, Matteo Salvini: «Avere l’energia che costerà meno a famiglie e imprese è fondamenta­le, quindi avanti con i lavori». Parlano invece con nota congiunta tre parlamenta­ri 5 Stelle: «Il ministro Costa sbaglia ancora — scrivono Ciampolill­o, De Bonis e Cunial —. La mancata ottemperan­za di varie prescrizio­ni risulta evidente. Confidiamo nel lavoro della magistratu­ra». E scoppia la rabbia tra i parlamenta­ri pugliesi che chiedono l’intervento di Beppe Grillo.

Le opposizion­i si scatenano. La capogruppo al Senato di Forza Italia Anna Maria Bernini attacca: «Ora il governo non ha più scuse, non perda tempo». Carlo Calenda, Pd, ironizza: «La Tap è Ilva 2 la vendetta». E da sinistra il segretario di Sel Nicola Fratoianni sottolinea: «Prima Sì Tav, poi Sì Grandi navi e ora il Sì Tap: cari elettori del M5S, questo è il governo delle grandi opere, delle promesse elettorali mancate e della Lega». Durissimo il sindaco di Melendugno Marco Potì: «Così si avalla una follia ingegneris­tica e la distruzion­e di un intero territorio. Nel Salento se lo ricorderan­no».

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In Puglia La protesta No Tap di ieri a Melendugno contro l’espianto degli ulivi sul tracciato del microtunne­l del gasdotto dell’adriatico

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