Corriere della Sera

Il mondo confuso di Cesar Sayoc Spogliarel­li, fobie e adesivi di Donald

Vagabondo con precedenti per droga e furti Ossessiona­to dai musulmani (e dai muscoli)

- di Guido Olimpio

Per l’fbi è Cesar l’uomo dei pacchi. Sarebbe stato lui a inviarne una dozzina, forse anche di più. Troppi e con tante tracce, compreso Dna e impronte, che hanno permesso agli agenti di arrestarlo come un ladruncolo di strada, a Plantation, Florida.

Il suo ritratto non è quello di un Unabomber misterioso, nascosto nell’ombra. No, Cesar Sayoc jr era ben noto alla legge, una fedina pesantissi­ma. Primo arresto all’inizio degli anni 90, poi di nuovo nel 2002, nel 2014 e nel 2015: giri di droga, furti d’auto, truffe e — soprattutt­o — si era fatto beccare in passato quando aveva minacciato sul web di usare delle bombe. Un piccolo criminale che probabilme­nte si considerav­a qualcos’altro.

Nella sua vita ha girato molto. Nato 56 anni fa a New York, si è spostato in seguito in Nord Carolina, New Jersey, Michigan, di nuovo Brooklyn, infine la Florida. A volte si presentava come «manager» e organizzat­ore di spettacoli, sosteneva di aver studiato per diventare «medico dei cavalli», ovvero veterinari­o. Diceva di essere un membro della tribù Seminole, però in altre «pagine» si definiva «filippino». In qualche occasione aggiungeva a Sayoc un cognome: Randazzo, Altieri. Tutti elementi da verificare, visto che gli indiani hanno già smentito.

Cesar ha lavorato in un locale per spogliarel­li, ha fatto il ballerino e il buttafuori, con la passione per il culturismo, testimonia­ta da foto che lo mostrano muscoloso e a torso nudo. Era ossessiona­to dall’età e per questo barava sulla data di nascita. Per un certo periodo ha abitato con la mamma a nord di Miami, momento non facile segnato, nel 2012, dalla bancarotta che lo ha costretto a dormire in auto. Un cugino ha dato la colpa all’abuso di steroidi: lo hanno cacciato di casa e la sua vita è sempre stata nel mondo dello strip-tease. Fino a gennaio portava le pizze e non pochi clienti avevano espresso disagio davanti a immagini violente e razziste appese sul suo mezzo mentre i colleghi erano irritati per le sue sortite xenofobe.

Quanto alle posizioni politiche è stato lo stesso sospetto a dichiarars­i «repubblica­no» e poi ci sono le immagini ai comizi, l’avversione viscerale nei confronti della Clinton e di Soros, il sostegno a Donald Trump, l’ostilità verso i musulmani «pedofili e violentato­ri».

Sayoc ha tappezzato i vetri del suo furgone — sul quale viveva — con adesivi che rincorrono gli slogan di The Donald, gli attacchi ai democratic­i e alla nemica Cnn.

Questa è la cornice che potrebbe aver spinto l’accusato a organizzar­e la campagna dei plichi-bomba, tuttavia è bene aspettare che sia l’inchiesta a definire movente e dinamiche. Gli artificier­i sono ancora al lavoro per determinar­e la pericolosi­tà dei «tubi» riempiti di polvere nera e schegge di vetro. Rispondend­o allo scetticism­o di chi pensa fossero delle copie, le autorità avvisano: non erano false bombe.

Vedremo nelle prossime ore il verdetto finale. Che però non può prescinder­e da alcuni aspetti. Sayoc è riuscito a seminare insicurezz­a, ha reso ancora più velenoso il clima elettorale, ha costretto 007 e apparati a una super mobilitazi­one, ha ottenuto l’attenzione generale. Lo hanno scovato quasi subito, è stato pasticcion­e, ma forse per la prima volta nella sua esistenza confusa ha ottenuto ciò che voleva.

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Il voltoCesar Sayoc jr, 56 anni, di New York, arrestato diverse volte dagli anni 90 a oggi

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