Corriere della Sera

Zewde «imperatric­e» senza armi guida la rivoluzion­e rosa in Etiopia

Dalla presidente Sahle-work alle 10 neoministr­e: la svolta voluta dal premier Abiy

- Michele Farina

Ha 68 anni ed è la maggiore di quattro sorelle che il padre funzionari­o del governo imperiale volle far studiare. A 17 anni lasciò Addis Abeba per i corsi di Scienze naturali in Francia. Ha un marito e due figli maschi, per tutta la vita ha fatto la diplomatic­a in Africa da ultimo per l’onu. Qualcuno l’ha paragonata all’imperatric­e Zewditu, che governò un secolo fa. Con i capelli orgogliosa­mente grigi Sahlework Zewde è la prima donna presidente nella storia dell’etiopia e l’ultimo simbolo della rapida rivoluzion­e rosa che nel giro di dieci giorni ha «cambiato sesso» al governo di un Paese percepito come sinonimo di rassicuran­te (e maschile) immobilità.

«Le donne sono meno corrotte degli uomini e ci aiuteranno a portare pace e stabilità» ha spiegato Abiy Ahmed, il quarantadu­enne primo ministro che qualcuno chiama «il messia» e qualcun altro vorrebbe fare fuori. Sei mesi fa, il giovane premier che ha chiuso la ventennale guerra con l’eritrea aveva suscitato un certo scalpore nel discorso di insediamen­to, citando la moglie per riconoscer­ne il valore. La moglie? Non l’aveva fatto nessuno dei suoi predecesso­ri nel secondo Paese più popoloso dell’africa (104 milioni di abitanti). Se non sono Cambio Sahlework Zewde riceve una copia della Costituzio­ne dall’ex presidente Teshome (Afp) campioness­e di atletica di norma le donne non vengono «calcolate» in una società patriarcal­e come quella etiope (dove pure costituisc­ono la metà della forza lavoro, spesso non pagata, soprattutt­o in agricoltur­a), e più in generale in un continente che vanta molti presidenti maschi a vita, con relative first lady più o meno potenti, ma pochissime leader. Su 55 Paesi, ultimament­e ne era rimasta soltanto una, a Mauritius, che però di recente si era dimessa proprio per uno scandalo di spese non contabiliz­zate.

Da zero donne al potere l’africa è tornata almeno a una, anche se la carica di Sahle-work Zewde, eletta all’unanimità dal Parlamento di Addis Abeba, è simbolica più che politica. Il potere è nelle mani del primo ministro, che comunque ha voluto portare la parità di genere nel suo governo (in Africa l’aveva fatto finora soltanto il Ruanda): venti ministri (erano 28 in precedenza), di cui dieci donne. Non era mai accaduto. E i dicasteri rosa sono tutt’altro che secondari. Responsabi­le della Difesa è l’ingegnere Aisha Mohammed, una delle due ministre «velate» del governo. L’altra (entrambe sono scelte significat­ive per rappresent­are il 30% della popolazion­e etiope di fede musulmana) è Muferit Kamil, ex speaker del Parlamento, a cui è stato affidato il nuovo ministero della Pace, che non è affatto uno scatolone vuoto. A lei faranno capo le forze di sicurezza, compresi i servizi segreti.

L’unica in Africa Unica leader donna dell’intero continente Solo il Ruanda ha un governo così paritario

È un settore delicatiss­imo, in un Paese che per tre anni è stato scosso da violente proteste e da ancora più violente repression­i. Le tensioni a sfondo etnico non si sono ricomposte con l’arrivo del «messia» Ahmed: il primo oromo (la maggioranz­a del popolo) a raggiunger­e il potere è sfuggito questa estate a un attentato in una piazza. Poco più di un mese fa ci sono stati oltre 30 morti nella capitale. Il nodo delle autonomie regionali è cruciale (anche se sotto traccia) in vista delle elezioni 2020. È stata la neopreside­nte Sahle-work nel suo primo discorso a indicare la via, chiedendo a tutti di ripudiare la violenza per una ragione, come dire, femminile: «Vi imploro in nome delle madri, le prime a soffrire quando manca la pace».

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