Corriere della Sera

Bibi dal sultano Missione segreta anti Teheran

- Di Davide Frattini DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Ventidue anni fa Shimon Peres aveva portato in dono al sultano la scultura di una colomba. L’assassinio di Yitzhak Rabin sembrava non aver ancora sepolto le possibilit­à di pace con i palestines­i e con il resto del mondo arabo. Qaboos bin Said al Said è ancora al potere — domina nel palazzo di Muscat dal 1970 — e ieri ha stretto la mano a un altro primo ministro israeliano. La visita di Benjamin Netanyahu con la moglie Sara è rimasta segreta fino al ritorno a casa, clandestin­a come le relazioni mantenute con il piccolo regno, nonostante i disaccordi durante la seconda intifada. Adesso l’espansioni­smo degli ayatollah sciiti preoccupa Netanyahu quanto le nazioni sunnite. Il premier ha voluto ripetere che questo incontro non nasce solo dalla volontà di contenere l’avversario comune iraniano: «Non dovete sottostima­re l’interesse che esiste nel mondo arabo verso Israele e la ragione principale è la sete verso la nostra capacità di innovazion­e». Pochi giorni fa a Muscat è arrivato Abu Mazen, il presidente palestines­e. Che avrebbe discusso di come tirarsi fuori dall’angolo diplomatic­o in cui è stato cacciato dalle pressioni degli americani. I negoziati con gli israeliani sono congelati dall’aprile del 2014 e il piano per arrivare a un’intesa promesso dal presidente Donald Trump non è ancora stato presentato. Netanyahu ha invece bisogno di allargare le alleanze — pubbliche o nascoste — con le monarchie del Golfo. Il legame d’interesse con la più influente, l’arabia Saudita, rischia di venire complicato dal caso di Jamal Khashoggi, il giornalist­a ucciso nel consolato di Riad a Istanbul. Così anche il meno potente Oman può servire a tessere la rete anti-iraniana. Fermare l’offensiva di Teheran resta la missione più importante per il primo ministro. All’inizio della settimana il capo di Stato maggiore dell’azerbaigia­n ha incontrato i generali israeliani a Tel Aviv: anche se il Paese è a maggioranz­a sciita, la visita è considerat­a un messaggio verso l’ingombrant­e vicino sul fronte sud, l’iran.

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