Bibi dal sultano Missione segreta anti Teheran
Ventidue anni fa Shimon Peres aveva portato in dono al sultano la scultura di una colomba. L’assassinio di Yitzhak Rabin sembrava non aver ancora sepolto le possibilità di pace con i palestinesi e con il resto del mondo arabo. Qaboos bin Said al Said è ancora al potere — domina nel palazzo di Muscat dal 1970 — e ieri ha stretto la mano a un altro primo ministro israeliano. La visita di Benjamin Netanyahu con la moglie Sara è rimasta segreta fino al ritorno a casa, clandestina come le relazioni mantenute con il piccolo regno, nonostante i disaccordi durante la seconda intifada. Adesso l’espansionismo degli ayatollah sciiti preoccupa Netanyahu quanto le nazioni sunnite. Il premier ha voluto ripetere che questo incontro non nasce solo dalla volontà di contenere l’avversario comune iraniano: «Non dovete sottostimare l’interesse che esiste nel mondo arabo verso Israele e la ragione principale è la sete verso la nostra capacità di innovazione». Pochi giorni fa a Muscat è arrivato Abu Mazen, il presidente palestinese. Che avrebbe discusso di come tirarsi fuori dall’angolo diplomatico in cui è stato cacciato dalle pressioni degli americani. I negoziati con gli israeliani sono congelati dall’aprile del 2014 e il piano per arrivare a un’intesa promesso dal presidente Donald Trump non è ancora stato presentato. Netanyahu ha invece bisogno di allargare le alleanze — pubbliche o nascoste — con le monarchie del Golfo. Il legame d’interesse con la più influente, l’arabia Saudita, rischia di venire complicato dal caso di Jamal Khashoggi, il giornalista ucciso nel consolato di Riad a Istanbul. Così anche il meno potente Oman può servire a tessere la rete anti-iraniana. Fermare l’offensiva di Teheran resta la missione più importante per il primo ministro. All’inizio della settimana il capo di Stato maggiore dell’azerbaigian ha incontrato i generali israeliani a Tel Aviv: anche se il Paese è a maggioranza sciita, la visita è considerata un messaggio verso l’ingombrante vicino sul fronte sud, l’iran.
dafrattini