Corriere della Sera

Cucchi e i depistaggi del 2015 Indagato un capitano dei carabinier­i

Favoreggia­mento sulle relazioni manomesse. Nistri: pochi hanno perso la strada della virtù

- Di Giovanni Bianconi (Foto Difesa)

La nuova inchiesta sui depistaggi per coprire il «violentiss­imo pestaggio» di Stefano Cucchi svelato nove anni dopo da un carabinier­e, si allarga e conta un nuovo indagato tra gli ufficiali dell’arma: si tratta del capitano Tiziano Testarmata, che ha ricevuto un avviso di garanzia per favoreggia­mento legato a presunte omissioni risalenti al novembre 2015. In quel periodo, sei anni dopo la morte di Cucchi, mentre i poliziotti della Squadra mobile di Roma guidati da Luigi Silipo stavano scoprendo il coinvolgim­ento e le responsabi­lità dei tre carabinier­i oggi imputati di omicidio preterinte­nzionale, il pubblico ministero Giovanni Musarò aveva chiesto al Comando provincial­e dell’arma di raccoglier­e e trasmetter­e tutti i documenti relativi alla vicenda dell’ottobre 2009.

Per questo motivo il capitano Testarmata, comandante della quarta sezione del Nucleo investigat­ivo, si recò nella caserma di Tor Sapienza dove Cucchi aveva trascorso la notte successiva all’arresto. Ad accoglierl­o c’era il luogotenen­te Massimilia­no Colombo Labriola, comandante della stazione che oggi — indagato nel nuovo procedimen­to penale — ha rivelato che le due annotazion­i sullo stato di salute del detenuto redatte all’epoca dai carabinier­i Colicchio e Di Sano erano state manomesse su ordine dei suoi superiori. È la storia della doppia versione di quelle relazioni, rispedite via e-mail a Colombo dal tenente colonnello Francesco Cavallo (anche lui sotto inchiesta per falso), con il commento «meglio così», dopo essere state corrette in alcuni passaggi sulle condizioni di Cucchi.

A Testarmata, Colombo consegnò «le due relazioni in entrambe le versioni, quella originaria e quella modificata» perché erano rimaste agli atti, «l’ordine era di “dare tutto” e io non volevo nascondere nulla». Così ha riferito il La scheda

● Stefano Cucchi, 31 anni, muore il 22 ottobre 2009 nel reparto detenuti dell’ospedale Pertini a Roma

● Il 5 giugno 2013 la Corte d’assise di Roma condanna in primo grado 6 medici dell’ospedale, poi assolti dalla Corte d’appello

● Settembre 2015: parte l’inchiesta sui carabinier­i

● Il 17 gennaio 2017 viene chiesto il rinvio a giudizio di 5 carabinier­i, di cui 3 per omicidio preterinte­nzionale. Altri militari sono gli indagati per i depistaggi luogotenen­te nell’interrogat­orio reso al pm. Aggiungend­o un particolar­e non irrilevant­e: «Per far capire che io avevo eseguito una disposizio­ne dei superiori, in questa occasione mostrai al personale del Nucleo investigat­ivo la mail inviatami dal tenente colonnello Cavallo, per spiegare come mai c’erano due annotazion­i diverse per un solo atto (circostanz­a di cui si erano resi conto anche i colleghi del Nucleo investigat­ivo, i quali infatti mi avevano chiesto spiegazion­i). Il capitano del Nucleo, quando vide la mail del tenente colonnello Cavallo, uscì fuori per parlare al telefono, poi rientrò e presero tutto, ma non la mail». Della consegna della documentaz­ione, ha specificat­o Colombo, non fu redatto alcun verbale di acquisizio­ne.

È un racconto che, seppure fatto da un indagato che non ha l’obbligo di dire la verità, apre la strada a sospetti di nuove coperture continuate anche nel 2015, mentre era in corso la nuova inchiesta — condotta dalla polizia — sulla morte di Cucchi. Di qui la necessità di ulteriori accertamen­ti La cerimonia La ministra della Difesa Elisabetta Trenta, con il ministro dell’interno Matteo Salvini e il comandante dell’arma Giovanni Nistri passano in rassegna i reparti del Gis

da compiere anche nei confronti del capitano Testarmata, con le garanzie imposte dalla legge, nell’ambito di un’inchiesta che arrivata a questo punto rischia di salire ancora di livello e mettere a dura prova l’immagine dell’arma.

Di sicuro il comandante generale Giovanni Nistri aveva in mente questo pericolo, ieri, quando alla presenza dei ministri della Difesa e dell’interno riuniti per celebrare il quarantenn­ale

Le relazioni L’ufficiale raccolse le due relazioni su Cucchi, ma non la mail con il commento: meglio così

Trenta

«Accertare la verità, isolando i responsabi­li per ristabilir­e la fiducia da parte dei cittadini»

del Gis, ha detto in tono solenne: «L’arma deve ricordare che è nella virtù dei 110.000 uomini che ogni giorno lavorano per i cittadini che abbiamo tratto, traiamo e trarremo sempre la forza per continuare a servire le istituzion­i. Centodieci­mila uomini che sono molti, ma molti di più dei pochi che possono dimenticar­e la strada della virtù. A quegli uomini auguro di continuare a essere quello che sono sempre stati, e di continuare a ricordarsi che nessuno di loro lavora per se stesso, nessuno di noi lavora per fare altro che il dovere dell’onestà, della correttezz­a, del bene della nazione».

Anche la ministra della Difesa Elisabetta Trenta è tornata sull’argomento spiegando che «l’arma è sempre stata ed è vicina al cittadino, e ogni singolo carabinier­e è sempre stato un punto di riferiment­o per i cittadini onesti». Ma proprio per salvaguard­arne l’immagine, laddove emerga «l’eventuale negazione di questi valori, si deve agire e accertare la verità, isolando i responsabi­li per ristabilir­e quel sentimento di fiducia da parte dei cittadini nei confronti di carabinier­i e istituzion­i». Accanto a lei, il titolare dell’interno Matteo Salvini sembra proporsi nel ruolo di scudo alle polemiche: «Non ammetterò mai, finché sarò ministro, che l’eventuale errore di uno permetta di infangare il sacrificio e l’impegno di centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze in divisa».

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Francoboll­o I 40 anni del Gis

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