Corriere della Sera

Il giudice Lazar e il caso romeno

- di Paolo Lepri

Alla vigilia del suo sessantadu­esimo compleanno, il procurator­e generale della Romania, Augustin Lazar, ha saputo che il ministro della Giustizia Tudorel Toader intende costringer­lo alle dimissioni. Non è stata certamente una sorpresa, comunque, visto che il governo ha già licenziato alcuni mesi fa la responsabi­le del dipartimen­to nazionale anticorruz­ione Laura Kovesi, eroina della lotta contro l’intreccio tra politica e malaffare in un Paese nel quale scandali e procedimen­ti giudiziari hanno coinvolto decine di ministri, parlamenta­ri, funzionari pubblici e lo stesso leader socialdemo­cratico Liviu Dragnea, l’uomo più potente di Bucarest, condannato a sei anni per falso e abuso di ufficio.

Perché questo giurista nato a Radesti, in Transilvan­ia, laureatosi in legge all’università di Cluj-napoca e specializz­atosi all’estero, è diventato il nemico numero uno del potere? La risposta è semplice. Il procurator­e generale ha criticato tutti i tentativi di mettere la magistratu­ra sotto tutela e ha avviato un’indagine sulle responsabi­lità delle violenze che hanno provocato il ferimento di 450 persone durante le manifestaz­ioni di agosto contro la corruzione. Il suo caso è diventato anche uno scontro istituzion­ale perché il presidente Klaus Iohannis ha definito la mossa del ministro della Giustizia «totalmente inappropri­ata, destinata a provocare sfiducia nel sistema e preoccupaz­ione tra i partner europei».

C’è da dire che in questi mesi l’europa non è rimasta a guardare in silenzio e si è espressa più volte per difendere le regole dello stato di diritto e sollecitar­e un’inversione di tendenza nel campo della legalità. Ma le sue opzioni sono limitate, come ha osservato recentemen­te il Financial Times, perché l’ipotesi di attivare la procedura dell’articolo 7 (che prevede anche la revoca del diritto di voto), sull’esempio di quanto accade per Ungheria e Polonia, è ostacolata dal gioco di squadra che proprio questi tre Paesi sono decisi a sfruttare. Alla Romania, per di più, spetterà dal gennaio prossimo la presidenza di turno dell’ue. Ma esistono altri mezzi di pressione. Bisogna condiziona­re i finanziame­nti europei al rispetto degli standard di democrazia. Senza perdere tempo.

@Paolo_lepri

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