Salvataggio Alitalia, piano a ostacoli Il Tesoro vuole il parere dell’europa
Sull’ipotesi di convertire in azioni il prestito-ponte. Le Fs preparano l’offerta
ROMA Un parere preventivo della Commissione europea sull’utilizzo del prestito-ponte da 900 milioni concesso dallo Stato a Alitalia. É questa la condizione, posta dal ministero dell’economia, per concedere il proprio via libera al piano di rilancio della compagnia che dovrebbe coinvolgere anche le Ferrovie in un ruolo di primo piano. Secondo fonti di via XX settembre, il ministro dell’economia, Giovanni Tria, non si esprimerà sulla procedura relativa a Alitalia finché non sarà rassicurato dalla Commissione Europea che qualsiasi mossa relativa alla compagnia (e il relativo uso del prestito) non contravvenga alle norme sulla concorrenza.
Il muro alzato dal Tesoro, che non vuole aprire ulteriori fronti di scontro con Bruxelles oltre alla manovra, spiegherebbe la retromarcia ingranata giovedì scorso dal vicepremier Luigi di Maio sul ruolo di Ferrovie, ricondotte a mero «partner tecnico», solo eventualmente tra i soci della newco, peraltro attraverso un investimento di «pochi soldi». Un messaggio che a via XX settembre hanno percepito finalmente in controtendenza rispetto alle ultime fughe in avanti del vicepremier.
La situazione non sarebbe drammatica se l’irrigidimento del Tesoro non giungesse a quattro giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle offerte vincolanti per Alitalia. Al ministero dell’economia assicurano che il termine è noto e che si sta lavorando alacremente perché tutto proceda entro i termini, non potendo Alitalia permettersi alcuna proroga. Ma sull’esito positivo della negoziazione non c’è alcuna certezza. Anche per questo Di Maio ha dovuto per una volta abbassare i toni.
«Se il piano anticipato a Bruxelles otterrà un primo via libera, se sulle modalità di restituzione/uso del prestitoponte non sorgeranno problemi, allora il primo passo verso il salvataggio sarà stato fatto» spiega una fonte vicina al dossier. Perché tutto questo avvenga, si lavora su più piani.
Le Ferrovie stanno completando la stesura dell’offerta che, se tutto fila liscio, dovrebbero presentare il 31 ottobre, nella quale viene ritenuta rilevante l’integrazione dei business di Alitalia e Ferrovie, che conferirebbe all’operazione un valore aggiunto appetibile sul mercato. Il 30 ottobre si terrà il consiglio di amministrazione di Fs che dovrà approvare l’offerta.
Lo schema, malgrado le frenate degli ultimi giorni, e nella speranza che Bruxelles lo faccia passare, resta lo stesso: Fs rilevano il 100% per poi diluirsi attraverso la vendita di quote a partners industriali stranieri ma anche a alcune non meglio precisate aziende italiane. Il nodo, come si è detto, è il debito di un miliardo, costituito dal prestitoponte più interessi: perché la sua conversione, anche parziale, in equity passi, occorre che l’operazione avvenga a condizioni equivalenti a quelle di mercato. E perché questo appaia credibile, è rilevante l’esistenza di soggetti privati disposti a entrare nel capitale della newco.
Di qui gli inviti pressanti rivolti alle compagnie, come l’americana Delta, affinché presentino un’offerta vincolante entro il 31 ottobre. Su questo punto in realtà la situazione è piuttosto incerta: Lufthansa continua a proporre il solito piano con 4 mila esuberi su cui Di Maio ha posto il veto. Easyjet gioca di rimessa, volendo vedere cosa fanno gli altri. Sull’esistenza di compagnie cinesi interessate, anche lo stesso sottosegretario al ministero dello Sviluppo, Michele Geraci, sostenitore attivo di un’alleanza asiatica, si è fatto vago: «Il partner straniero, strategico, lo cerchiamo in Cina e in Asia ma anche altrove come le compagnie americane». Come Delta, che in realtà sarebbe propensa a comprarsi un pezzetto di Alitalia, garantendole il ruolo di associated member, più un aumento del 3% del codesharing sui voli in Nord America, in cambio di mano libera per dieci anni sulla gestione delle rotte. Un bel cappio al collo.