Corriere della Sera

«Serve subito l’intesa con l’europa»

Il leader del Psoe al forum del Pd: si possono fare politiche progressis­te senza affossare i conti

- di Andrea Nicastro

Esperto di rinascite, il socialista Pedro Sánchez, premier spagnolo, a Milano al convegno del Pd, tifa perché Italia e Ue trovino un’intesa. «Un accordo — ha detto — porterebbe benefici a chi ancora soffre per la crisi. La Spagna è ormai nella post-austerità e dimostra che si possono fare politiche progressis­te e di ricostruzi­one del welfare senza affossare i conti pubblici».

Maurizio Martina, al convegno Pd in corso a Milano, l’ha chiamato «leader dei progressis­ti europei» e ne ha incassato in cambio un’investitur­a. «Caro Maurizio, con te al timone l’italia saprà ritrovare una maggioranz­a socialdemo­cratica. Non perdiamo le speranze, lottiamo per ciò in cui crediamo». Pedro Sanchez, premier spagnolo e segretario del Psoe, è un esperto di rinascite. Due anni fa si era dimesso da tutte le cariche, ma, passando da una sanguinosa lotta di partito, a giugno è diventato presidente del governo di Madrid. Pur con un esecutivo di minoranza (il suo Psoe è al 22%) Sanchez piace e ora i sondaggi lo vedono oltre il 30%. Una parabola che fa sognare quelli del Pd.

Presidente, da che parte starà quando in Europa si discuterà il bilancio italiano 2019? Con il Nord del rigore o il Sud della flessibili­tà? «Spero che Roma arrivi ad un accordo con la Ue. Porterebbe

Rivolto a Martina Caro Maurizio, con te al timone ritroveret­e una maggioranz­a socialdemo­cratica

benefici soprattutt­o a chi sta ancora soffrendo per la crisi. La contrappos­izione Nord-sud è fuorviante. La Spagna è ormai nella post-austerità e sta dimostrand­o che si possono avere politiche progressis­te, di ricostruzi­one del Welfare senza affossare i conti pubblici».

Lei ha alzato lo stipendio minimo, le pensioni, gli aiuti sociali e le spese per l’istruzione.

«Sì, ma il bilancio 2019 rientra nelle regole Ue con un obbiettivo di deficit dell’1,8% del Pil, una riduzione del debito di 2 punti e un saldo attivo per la prima volta dal 2007». Un esempio per l’italia?

«Vorrei solo condivider­e due riflession­i. La Spagna ha bisogno dell’italia per affrontare assieme molte sfide. Dalla migrazione all’integrazio­ne europea. E anche il resto d’europa ha bisogno di voi per rinforzars­i e riformarsi. L’italia non deve restare al margine del progetto che ha contribuit­o a fondare. Soprattutt­o in vista della Brexit, una grande opportunit­à per approfondi­re l’unione». Cosa vorrebbe cambiare di questa Europa?

«Non potremo restare nella stessa zona monetaria se non avanziamo verso l’unione economica, fiscale e bancaria. Un giorno avremo un bilancio comunitari­o

e ci doteremo anche di un pilastro sociale. Ho proposto un’assicurazi­one europea contro la disoccupaz­ione. Non importa se non passerà subito. Importante è seminare, andare nella direzione giusta». Gli europeisti come lei si stanno facendo rari.

«Non sono d’accordo perché ci sono processi di integrazio­ne regionale in tutti i continenti. Persino un antiglobal­ista come Trump ha rinnovato gli accordi con Messico e Canada. È il senso della storia. Si vedrà nel voto europeo

di maggio. Per quanto gli euroscetti­ci si agitino e facciano rumore, resterà maggiorita­rio chi crede nell’unione Europea». Crede a una congiura internazio­nale anti-euro?

«L’euro è una moneta che fa i singoli membri più forti? Sì. Il mercato interno europeo ci rende più appetibili rispetto ad altre regioni del mondo? Senza dubbio. Ci sono oscuri interessi politici ed economici che desiderano minare tutto ciò? Non lo so, ma è possibile. Quindi devo essere pronto per eventuali minacce».

Quando ha accolto la nave Aquarius è sembrato fare un dispetto a Salvini.

«Accolsi la Aquarius per tre ragioni. Per dimostrare che il dramma del Mediterran­eo non poteva essere gestito da un singolo Paese, ma che è un problema europeo. Per esprimere solidariet­à alla società italiana che ha assorbito un flusso imponente di immigrati. E, infine, perché non possiamo voltarci dall’altra parte quando qualcuno rischia di annegare». Come si affronta l’ondata migratoria dal punto di vista,

come dice lei, umanista?

«Quando sono arrivato al governo pochi mesi fa la Spagna non aveva neppure una vera politica migratoria. Noi abbiamo aumentato i fondi e lo staff per occuparsen­e; rinforzato la cooperazio­ne bilaterale con i Paesi di origine e di transito; creato un comando unificato nello stretto di Gibilterra per controllar­e le frontiere. E l’abbiamo fatto con responsabi­lità e umanità. I Paesi di prima linea come Grecia, Malta, Italia e Spagna non devono litigare tra loro, ma costruire una politica migratoria europea, assieme. Io chiedo al governo italiano: lavoriamo assieme».

Il 27 ottobre di un anno fa, Barcellona proclamava l’indipenden­za. Da allora politica e società catalane sono rimaste spezzate. Cosa sta facendo il suo governo?

«Stiamo aspettando, rispettosa­mente, una serie di sentenze della magistratu­ra nei confronti dei protagonis­ti dell’indipenden­tismo. Sentenze che, è ovvio, avranno un impatto politico. Però al di là della vicenda giudiziari­a stiamo lavorando a una risposta politica. L’indipenden­tismo ha la maggioranz­a parlamenta­re in Catalogna ma non la maggioranz­a sociale. Quindi il problema ora non è l’indipenden­za, ma la convivenza tra catalani. I principali responsabi­li della tensione, voglio essere chiaro su questo, sono le istituzion­i catalane. I separatist­i devono parlare con chi non vuole andarsene dalla Spagna. Un accordo tra le due parti su una qualche forma di auto-governo dovrà andare ai voti e, spero, raccoglier­à il consenso del 70-80% dei catalani. Ecco, il mio governo sta lavorando in questa direzione. Non accadrà subito, neppure fra 5 mesi, ma in qualche anno di certo». E i politici indipenden­tisti ancora in carcere?

«Il potere giudiziari­o spagnolo ha dovuto far fronte a una situazione inedita. Io non posso influire sulla magistratu­ra quindi non mi esprimo. Ricordo comunque che in tutti gli indici di stabilità democratic­a, la Spagna risulta ai primissimi posti, vale a dire siamo uno Stato sociale democratic­o e di diritto. A me compete solo porre le basi per una soluzione politica e lo sto facendo».

 L’immigrazio­ne

Io dico al governo italiano: lavoriamo assieme sull’immigrazio­ne

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(Lapresse) A MilanoIl sindaco Beppe Sala, 60 anni, ha ricevuto ieri il premier spagnolo Pedro Sánchez, 46 anni, a Palazzo Marino, sede del Comune
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