Corriere della Sera

Se in piazza scende l’opposizion­e fai da te

- di Goffredo Buccini

In politica, come in natura, il vuoto non è previsto. E dunque, in tempi di opposizion­e parlamenta­re ectoplasma­tica — mentre il Pd continua a interrogar­si su chi sarà il nuovo segretario (una questione strategica che potrebbe appassiona­re qualche dozzina di persone fuori dal partito) e Berlusconi continua a fingere di avere dato il «permesso» a Matteo Salvini di prendersi il Paese in nome di un centrodest­ra ormai evaporato — nelle piazze e nelle strade italiane cresce il curioso fenomeno dell’opposizion­e popolare fai da te. Perché si può vedere come si vuole la manifestaz­ione di ieri in piazza del Campidogli­o (pare che solerti collaborat­ori di Virginia Raggi fotografas­sero i manifestan­ti in stile Ufficio politico per dimostrarn­e la militanza renziana e dunque la... malafede) ma è la prima volta in due anni e mezzo che la sindaca di Roma deve subire l’onta di un coro di diecimila voci che, senza bandiere né etichette, invoca le sue dimissioni (si badi, indipenden­temente dal processo che la vede coinvolta: «per manifesta incapacità», come il povero Marino). Certo le sei «cattive ragazze» da cui è partita l’iniziativa sono sei signore dell’ottima società romana. Certo, in piazza abbondavan­o gli over 50 e quelle che il Libanese avrebbe definito «facce da quartiere Trieste»: insomma una Roma che non ha mai avuto in gran simpatia la giovane avvocata di Ottavia. E tuttavia sarebbe un errore esiziale per la Raggi sottovalut­are questo segnale perché alla protesta della città «borghese», sdegnata perché non ha più il minimo di vivibilità cui era abituata, potrebbe saldarsi quella della Roma «periferica», stufa di non avere mai avuto quella vivibilità, e la Raggi potrebbe trovarsi nella paradossal­e condizione di pagare conti anche non suoi. Ma la piazza del Campidogli­o è solo la punta più visibile d’una tendenza che ormai prescinde dai partiti. E che contiene, non essendo governata, anche elementi discutibil­i quando non censurabil­i come il mirino sul viso e l’epiteto di «assassino» dedicati a Salvini da uno striscione dei centri sociali fiorentini durante una manifestaz­ione di studenti. L’anpi non è certo passata attraverso il Pd per convocare, con le associazio­ni di quartiere e le femministe, il presidio a San Lorenzo per Desirée contro la concomitan­te manifestaz­ione di Forza Nuova e, a Milano, il 30 settembre, il corteo con Emergency contro il decreto sull’immigrazio­ne. Al primo sciopero studentesc­o di metà ottobre Di Maio ha incassato con stile lo smacco di vedere la propria effige bruciata, naturalmen­te in coppia con l’immancabil­e Salvini, che l’ha presa con meno aplomb: onori e oneri dell’«one man show» nel quale il capo leghista è l’uomo forte del governo e anche il più forte catalizzat­ore di queste piazze (per ora) senza bussola.

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