Corriere della Sera

Il prete indagato per un giallo di 30 anni fa «Sul ragazzo ucciso non racconta tutto»

L’omicidio di Goro. In una registrazi­one disse: «Io so da sempre, come buona parte del paese»

- Alessandro Fulloni

«Io so da sempre». «E chi glielo ha detto?». «Eh, non mi faccia questa domanda». Un colloquio registrato — risalente all’11 luglio 2014 — tra un parroco, don Tiziano Bruscagin, oggi settantase­ttenne, e Simone Bianchi, avvocato che assiste i familiari di Willy Branchi, un diciottenn­e che il 30 settembre 1988 venne trovato morto lungo l’argine del Po di Goro, nel Ferrarese. Era nudo, lo avevano picchiato senza pietà e per finirlo gli spararono alla testa con una pistola da macello. Ammazzato perché, fu l’ipotesi giudiziari­a mai provata, si oppose a una violenza sessuale. Forse l’ennesima di un giro di pedofilia che lo vedeva coinvolto.

L’audio di quel colloquio è finito negli atti di una nuova inchiesta aperta dalla Procura di Ferrara su richiesta del gip. Dall’interrogat­orio di qualche giorno fa, don Bruscagin (oggi parroco nel Padovano dopo esserlo stato per trent’anni nel piccolo borgo del Polesine) è uscito indagato per falso. Incalzato dalle domande del pm Andrea Maggioni, non avrebbe rivelato tutto ciò di cui sarebbe a conoscenza del delitto. In ogni caso ha raccontato molto, senza opporre il segreto confession­ale. Avrebbe fatto i nomi di persone a conoscenza delle circostanz­e dell’omicidio, quello di cui disse — ancora parlando con l’avvocato Bianchi senza sapere di essere registrato — «a Goro almeno 2 mila persone sanno esattament­e le cose che ho detto io. Ma non posso coinvolger­e nessuno, io...».

Le parole di don Bruscagin erano riferite a una precedente indagine della Procura di Ferrara che nel 2014 lo indagò sempre per falso, archiviand­o poi la sua posizione. Ma a maggio nuove carte prodotte dall’avvocato Bianchi — che assiste Bice e Luca, la madre e il fratello di Willy — hanno indotto il gip di Ferrara a chiedere l’avvio di una nuova inchiesta. Si è scoperto che nel 1996 un informator­e rivelò ai carabinier­i che Willy, gravato da un deficit cognitivo, era coinvolto «in convegni carnali». Il ragazzo voleva ribellarsi, confidarsi. La fonte parlò di «molte persone a conoscenza della verità», ma che «tacciono per paura e omertà». Fece i nomi, otto (tra cui una donna), di coloro che «avevano assistito all’omicidio o sapevano». Circostanz­e in parte ripetute dal parroco che però al pm avrebbe detto di non ricordare chi in passato gli riferì i fatti. Per questo è stato indagato.

Gli investigat­ori stanno anche riguardand­o gli atti dell’indagine iniziale che coinvolse Valeriano Forzati — feroce malavitoso romagnolo, detto «Tango» — che nel 1989 ammazzò quattro persone in un night e scappò in Argentina. Laggiù fu arrestato, ma lo uccisero in carcere poco prima dell’estradizio­ne. La sera in cui morì, Willy fu visto in un bar con «Tango».

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