L’OTTOBRE DEI TURISTI IN BERMUDA E INFRADITO
Caro Aldo, sono rimasta allibita dal video delle turiste che prendono il sole in piazza San Marco a Venezia, video che gira ancora su Youtube. Le nostre città vengono percepite come luoghi senza regole da visitare anche per godere della (presunta) rilassatezza dei costumi. Michelangela Di Giacomo
A Mosca non si può ballare sulle scale mobili, in 5 minuti interverrebbe la polizia. Perché Roma non fa lo come Mosca? Marcello Sassoli, Roma
Cari lettori,
Gli episodi che citate sono casi limite. Quello di Roma, poi, è ancora da chiarire: forse non è solo questione di inciviltà dei tifosi in trasferta, ma anche di inefficienza della metropolitana. Più in generale, in questo mese di ottobre le nostre meravigliose città d’arte sono state invase da turisti stranieri vestiti come a Ibiza a luglio, in bermuda e infradito. La notte poi ho visto imbrattare i muri delle chiese a Firenze, a Venezia, nella capitale, senza alcuna forma di sorveglianza. Mi sono sentito umiliato, come italiano che ama il suo Paese, e felice che sia visitato da gente di tutto il mondo, ma lo vorrebbe vedere rispettato.
Quando noi andiamo all’estero, stiamo attenti a comportarci bene, o comunque meglio del solito: «Non facciamoci riconoscere» è il motto. L’italia invece allenta i freni inibitori degli stranieri. Non mi riferisco alle violenze, di cui abbiamo discusso due giorni fa, e alle violazioni più gravi, ma a piccole e fastidiose scene quotidiane. Il visitatore vede che da noi ognuno si comporta come gli pare, e si comporta di conseguenza. Fanno bene i sindaci e i vigili a sanzionare. Purtroppo non lo fanno abbastanza.
Il crollo del turismo in Medio Oriente e nel Nord Africa, e il riscaldamento del pianeta che ormai solo un folle potrebbe negare, fanno sì che l’ottobre italiano sia ormai vissuto come un prolungamento dell’estate. Ormai è alta stagione. Però piazza San Marco non è una spiaggia, Santa Maria del Fiore non è un bagno pubblico, i Fori Imperiali non sono una passeggiata a mare. Occorre ripristinare un minimo di regole. E lavorare per attirare turisti più consapevoli, più attenti ai consumi culturali, che magari vanno a teatro, ai concerti, ai musei, e non si muovono per l’italia come se fosse Disneyland. A meno che non siamo noi a renderla tale.