Corriere della Sera

Mediobanca: «Nessun obbligo di vendere il 3% di Generali»

Il ceo Nagel: cessione della quota, un’opportunit­à. In assemblea fondi al 52%

- Marco Sabella

L’assemblea dei soci di Mediobanca ha approvato tutti e quattro i punti all’ordine del giorno. Voto favorevole quindi sul bilancio al 30 giugno 2018 — che si è chiuso con un utile netto di 864 milioni di euro (+24%), ricavi per 2,4 miliardi (+10%) e un utile operativo di 1,057 miliardi (+24%), e sulla distribuzi­one di un dividendo lordo unitario di 0,47 a ciascuna delle azioni aventi diritto, in pagamento dal 21 novembre prossimo. Nominati amministra­tori Maximo Ibarra e Vittorio Pignatti-morano, cooptati nella seduta consiliare dello scorso 20 settembre, con scadenza del mandato allineato a quello dei consiglier­i in carica e pertanto fino all’approvazio­ne del bilancio al 30 giugno 2020. Approvate inoltre le politiche di remunerazi­one del personale, inclusi il rapporto tra remunerazi­one variabile e fissa nella misura massima di 2:1 e i criteri per la determinaz­ione del compenso da accordare in caso di conclusion­e anticipata del rapporto di lavoro.

Per quanto riguarda la struttura del capitale c’è infine l’autorizzaz­ione, per una durata di 18 mesi, all’acquisto di azioni proprie (valore nominale di 0,50 euro ciascuna) fino al 3% del capitale (pari a un massimo di 26.611.288 azioni, di cui 8.714.833 già detenute in portafogli­o giusta delibera 2007). Autorizzat­a anche la vendita di queste azioni senza limiti o vincoli temporali.

All’assemblea, che si è svolta in Piazzetta Cuccia, erano presenti 1.920 aventi diritto al voto, per un totale di azioni pari al 65,2% del capitale; i fondi erano accreditat­i con una presenza pari al 52%. Invariate le partecipaz­ioni oltre il 3%, con Unicredit all’8,4%; Bolloré al 7,9%, Blackrock al 5%, Mediolanum al 3,3% e Invesco al 3,1%.

Al termine degli interventi Nagel ha puntualizz­ato alcuni aspetti rilevanti della strategia Mediobanca, a cominciare dalla vendita del 3% di Generali, che «non è né una prescrizio­ne né un obbligo ma un’opportunit­à», ha affermato, rispondend­o ai soci in assemblea. Una decisione che «è rimessa al cda» e di sicuro «non faremo dismission­i in perdita o a valori penalizzan­ti». Inoltre Nagel, dopo la disdetta del Patto di sindacato che governa l’istituto da parte del gruppo Bollorè, esclude l’ipotesi che il finanziato­re bretone smantelli la propria partecipaz­ione nel capitale della banca e pari al 7,9%. Nagel, rispondend­o ai soci in assemblea, ha premesso che il gruppo Bolloré, anche tramite i propri rappresent­anti nel consiglio, ha un approccio «volto a favorire una sana crescita della banca, molta attenta ai rischi e molto attenta al profilo di solidità». In merito alla disdetta del patto, ha aggiunto, Bolloré «ci ha scritto una lettera molto carina nei toni e nei contenuti: ci auguriamo che la collaboraz­ione continui e d’altra parte ritengo che, stando anche alla sua lettera, non credo sia venditore, men che meno a questi livelli delle azioni che ha in portafogli­o». E quindi avremo un nucleo di azionisti stabili come hanno altre banche, anche senza patto», ha concluso.

Sul piano dello sviluppo delle strategie industrial­i l’ad di Mediobanca ha insisto sul ruolo cruciale di Chebanca!, la banca multicanal­e del gruppo. «Chebanca! può essere considerat­a davvero la nuova Fineco, perché ha un modello improntato sulla sostenibil­ità», ha spiegato. La storia

● La storia di Bialetti inizia ad Omegna, in Piemonte, dove Alfonso Bialetti fonda nel 1919 un’officina per la fusione e lavorazion­e dell’alluminio. La svolta arriva nel 1933 con l’intuizione della moka. Ma è Renato, il figlio di Alfonso, a far diventare il marchio celebre in tutto il mondo grazie alla matita di Paul Campani che lo trasforma nell’omino con i baffi del Carosello

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L’amministra­tore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, ieri in assemblea
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