Corriere della Sera

Marquez non si ferma Rossi e Dovizioso si giocano il titolo di vice campione

- Daniele Sparisci

Mai sazio, Marc Marquez si conferma un cannibale. Dopo aver messo in bacheca una settimana fa in Giappone il suo settimo mondiale si è preso anche la pole a Phillip Island. il catalano della Honda ha firmato la sua 79ª partenza al palo della carriera e ha eguagliato il primato di pole (5) di Casey Stoner sulla pista australian­a. Alle 6 (diretta e repliche alle 9.15 e alle 14 su Skysportmo­togp) proveranno a rovinargli il banchetto: arrivano segnali di risveglio dalla Yamaha che piazza in prima fila la M1 ufficiale di Maverick Viñales e quella del team satellite Tech 3 di Johann Zarco. La top 3 è la fotocopia dell’anno scorso. In una qualifica condiziona­ta da una leggera pioggia, brilla la Suzuki: Andrea Iannone, che nel 2019 passerà all’aprilia, e il compagno di squadra Alex Rins scattano affiancati in quarta e quinta posizione. Continua a soffrire i tornanti sull’oceano la Ducati: Andrea Dovizioso (non c’è Jorge Lorenzo infortunat­o: al suo posto Alvaro Bautista, 12°) è deluso per essere finito in terza fila, nono. Tenterà la rimonta per difendere il titolo di vice campione del mondo dagli assalti di Valentino Rossi (foto), il forlivese è avanti di 9 punti a tre gare dalla fine del Mondiale. Il Dottore, settimo, ha pagato l’asfalto scivoloso più di altri: «Non sono le condizioni in cui mi esprimo al meglio, ma il passo e il feeling con la moto ci sono. Marquez e Iannone ne hanno di più, poi vengono le Yamaha». il 7° posto per tenere aperto il Mondiale), ma per contenere la furia del compagno olandese ci vorranno piede pesante e nervi saldi. Due macchine blu davanti in qualifica non si vedevano da una vita, dal Gp degli Usa del 2013, com’è possibile? A Città del Messico si corre a 2.240 metri di altitudine, l’aria rarefatta livella la potenza delle power unit e costringe a montare pacchetti aerodinami­ci particolar­mente carichi, in stile Montecarlo, nonostante le elevatissi­me velocità di punta (perché in quota la resistenza all’avanzament­o è ridotta),caratteris­tiche uniche che esaltano il telaio disegnato da Adrian Newey. Trazione e grip meccanico hanno fatto la differenza sulle curve lente dove la Ferrari soffriva di più, Christian Horner preparava la trasferta da tempo e si è visto.

Nel garage di Hamilton, invece, le bottiglie sono già in fresco. Chiusi i contestati­ssimi cerchi forati nonostante il via libera dei commissari (chissà se oggi li riaprirann­o), Lewis non si è preso rischi limitandos­i a mettere il muso della Mercedes davanti alla Rossa di Seb, tornato sui buoni livelli: «Il terzo posto non è male, lotterò per guadagnare almeno una posizione ma sono consapevol­e che ho due tori davanti» ha spiegato. Traduzione: penso al Mondiale e a raggiunger­e Juan Fangio, non voglio casini. All’hermanos Rodriguez, con le tribune strapiene dell’ex stadio del baseball e le maschere grottesche del «Dia de lo muertos», è appuntamen­to con la storia. Esattament­e come dodici mesi fa. Se lo merita il quinto titolo il campione britannico, come se lo era meritato allora, 71 giri e 305,354 chilometri lo separano dalla gloria. Con il vantaggio che ha, forse potrebbe riuscirci anche con il monopattin­o bianco con cui si muove nel paddock.

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(Ap) ProntoA Lewis Hamilton basta un settimo posto oggi in Messico per conquistar­e il suo quinto titolo mondiale
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