Marquez non si ferma Rossi e Dovizioso si giocano il titolo di vice campione
Mai sazio, Marc Marquez si conferma un cannibale. Dopo aver messo in bacheca una settimana fa in Giappone il suo settimo mondiale si è preso anche la pole a Phillip Island. il catalano della Honda ha firmato la sua 79ª partenza al palo della carriera e ha eguagliato il primato di pole (5) di Casey Stoner sulla pista australiana. Alle 6 (diretta e repliche alle 9.15 e alle 14 su Skysportmotogp) proveranno a rovinargli il banchetto: arrivano segnali di risveglio dalla Yamaha che piazza in prima fila la M1 ufficiale di Maverick Viñales e quella del team satellite Tech 3 di Johann Zarco. La top 3 è la fotocopia dell’anno scorso. In una qualifica condizionata da una leggera pioggia, brilla la Suzuki: Andrea Iannone, che nel 2019 passerà all’aprilia, e il compagno di squadra Alex Rins scattano affiancati in quarta e quinta posizione. Continua a soffrire i tornanti sull’oceano la Ducati: Andrea Dovizioso (non c’è Jorge Lorenzo infortunato: al suo posto Alvaro Bautista, 12°) è deluso per essere finito in terza fila, nono. Tenterà la rimonta per difendere il titolo di vice campione del mondo dagli assalti di Valentino Rossi (foto), il forlivese è avanti di 9 punti a tre gare dalla fine del Mondiale. Il Dottore, settimo, ha pagato l’asfalto scivoloso più di altri: «Non sono le condizioni in cui mi esprimo al meglio, ma il passo e il feeling con la moto ci sono. Marquez e Iannone ne hanno di più, poi vengono le Yamaha». il 7° posto per tenere aperto il Mondiale), ma per contenere la furia del compagno olandese ci vorranno piede pesante e nervi saldi. Due macchine blu davanti in qualifica non si vedevano da una vita, dal Gp degli Usa del 2013, com’è possibile? A Città del Messico si corre a 2.240 metri di altitudine, l’aria rarefatta livella la potenza delle power unit e costringe a montare pacchetti aerodinamici particolarmente carichi, in stile Montecarlo, nonostante le elevatissime velocità di punta (perché in quota la resistenza all’avanzamento è ridotta),caratteristiche uniche che esaltano il telaio disegnato da Adrian Newey. Trazione e grip meccanico hanno fatto la differenza sulle curve lente dove la Ferrari soffriva di più, Christian Horner preparava la trasferta da tempo e si è visto.
Nel garage di Hamilton, invece, le bottiglie sono già in fresco. Chiusi i contestatissimi cerchi forati nonostante il via libera dei commissari (chissà se oggi li riapriranno), Lewis non si è preso rischi limitandosi a mettere il muso della Mercedes davanti alla Rossa di Seb, tornato sui buoni livelli: «Il terzo posto non è male, lotterò per guadagnare almeno una posizione ma sono consapevole che ho due tori davanti» ha spiegato. Traduzione: penso al Mondiale e a raggiungere Juan Fangio, non voglio casini. All’hermanos Rodriguez, con le tribune strapiene dell’ex stadio del baseball e le maschere grottesche del «Dia de lo muertos», è appuntamento con la storia. Esattamente come dodici mesi fa. Se lo merita il quinto titolo il campione britannico, come se lo era meritato allora, 71 giri e 305,354 chilometri lo separano dalla gloria. Con il vantaggio che ha, forse potrebbe riuscirci anche con il monopattino bianco con cui si muove nel paddock.