Corriere della Sera

Leucemia mieloide acuta «prevedibil­e» con un esame del Dna

- DAL NOSTRO INVIATO A GENOVA Adriana Bazzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Nel suo libro «L’imperatore del male. Una biografia del cancro», l’oncologo americano Siddartha Mukherjee ha descritto la leucemia mieloide acuta (Lma) come «una delle più esplosive e violente incarnazio­ni del cancro», una malattia che «sembra venire dal nulla». E in effetti i pazienti raccontano: «Sono stato bene fino a tre settimane fa»; «I miei esami del sangue erano perfetti sei mesi fa. Che cosa è successo?»

È successo che le cellule staminali ematopoiet­iche del loro midollo osseo, quelle che danno origine a tutti gli elementi del sangue (globuli bianchi, rossi, piastrine, linfociti) «sono impazzite», hanno preso a moltiplica­rsi, hanno invaso il midollo osseo e il sangue, impedendo a tutte le altre di funzionare. Rendendo così questa malattia una delle più difficili da controllar­e con le terapie.

Ma le cose stanno cambiando rispetto a quello che Mukherjee scriveva nel 2010. Lo testimonia un articolo , comparso su Nature nel luglio scorso a firma del ricercator­e israeliano, Liran Shlush (e altri colleghi fra cui anche l’italiana Silvia Polidoro dell’istituto Italiano di medicina genomica di Torino).

Ecco il titolo: «Previsione del rischio di Lma in persone sane»: la malattia, quindi non verrebbe «dal nulla», ma sarebbe preannunci­ata da una serie di alterazion­i del Dna che possono essere intercetta­te anni prima. È questo che gli studi di Shlush hanno dimostrato. Il ricercator­e del Dipartimen­to di Immunologi­a del Weizmann Institute of Science di Rehovot (Tel Aviv) sarà presente a Genova al Festival della Scienza (in programma dal 25 ottobre al 4 novembre) dove parlerà delle sue scoperte in una lettura magistrale. «Le ultime ricerche hanno evidenziat­o che esiste uno stadio asintomati­co della malattia che può essere identifica­to attraverso l’analisi di mutazioni del Dna che vengono acquisite con l’età», spiega Shlush . Qui il ragionamen­to si fa un po’ complesso. Allora: le cellule staminali ematopoiet­iche

vanno incontro, con il passare degli anni, a una serie di mutazioni (l’insieme di queste si chiama Arch, age-related clonal hematopoie­sis). «Queste

ultime sono presenti in almeno il 30 per cento degli individui sani — precisa Shlush —. Nella maggior parte dei casi non hanno significat­o, ma in altri, invece, possono predire il rischio di leucemia». Shlush è andato a studiare la genealogia di queste mutazioni confrontan­do quelle di 95 pazienti che poi hanno sviluppato una leucemia con quelle di 414 pazienti che, invece, non sono andati incontro alla malattia.

Così ha scoperto che i primi presentava­no più mutazioni Arch e di tipo diverso rispetto agli altri. «Queste mutazioni “predittive” possono essere individuat­e dai 10 ai 20 anni prima che la malattia si manifesti», sottolinea il ricercator­e israeliano.

Che cosa può cambiare tutto questo nella pratica clinica? Molto, se si pensa che oggi questa malattia può essere affrontata solo con pesanti chemiotera­pie ed eventualme­nte un trapianto di midollo, an- che se si affacciano nuovi farmaci che sembrano avere qualche effetto.

«Adesso possiamo identifica­re gli individui che sono destinati a sviluppare la malattia, seguirli nel tempo ed eventualme­nte studiare una terapia preventiva — spiega ancora Shlush —. Così, invece di aspettare che la leucemia uccida, possiamo attaccarla nel suo stadio di pre-malignità. Si può ipotizzare di ricorrere a farmaci, alcuni magari già in uso, capaci di neutralizz­are le alterazion­i genetiche in gioco. Parliamo di un futuro molto vicino e stiamo ora pensando di lanciare il primo studio clinico sulla prevenzion­e di questo tumore».

Per capire quanto sia grande l’impatto di questa ricerca vale la pena di sottolinea­re alcuni aspetti.

«Il primo è che la Lma — precisa il ricercator­e — è un cancro difficile da controllar­e e colpisce soprattutt­o gli anziani con una prevalenza di una persona su 5 mila». «Un secondo aspetto è che le terapie attuali — continua il Shlush — prevedono la somministr­azione di chemiotera­pici che hanno un effetto positivo iniziale nel 70 per cento dei pazienti, ma poi falliscono. La mortalità è superiore al 90 per cento quando colpisce persone sopra i 65 anni».

Le ricerche dello scienziato israeliano hanno impression­ato la comunità scientific­a (a maggior ragione per il fatto che sono state confermate da altri studi) e un editoriale, a firma Koichi Takahashi dell’ MD Anderson Cancer Center di Houston, comparso sulla rivista Cell Stem Cell parla, nel titolo, di «Predire l’imprevedib­ile». Ma sottolinea anche i problemi da risolvere nel tradurre in pratica queste scoperte. Innanzitut­to il costo degli screening genetici. Poi il fatto che questi test non intercette­rebbero il rischio nei più giovani che non hanno queste mutazioni (il dieci per cento dei casi riguarda loro). Infine: alcune mutazioni Arch possono essere modificate da fattori ambientali. Detto ciò, Slush ha cambiato un paradigma: la leucemia mieloide acuta non è più imprevedib­ile e può essere prevenibil­e.

Possono essere individuat­e dai 10 ai 20 anni prima che la malattia si manifesti

Gli screening genetici costano e inoltre non intercette­rebbero il rischio nei più giovani

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