Corriere della Sera

Al Nord i roghi con i rifiuti del Sud

IN LOMBARDIA DIFFERENZI­ATA AL 68,1%, MA LE TASSE SALGONO: CHI HA PIÙ INCENERITO­RI DEVE AIUTARE LE REGIONI IN EMERGENZA E I GESTORI ALZANO I PREZZI. IL RACKET INCASSA E BRUCIA TUTTO

- di Antonio Castaldo e Paolo Foschi

Al Nord la differenzi­ata è al 64,2 %, ma le tasse salgono. Ha più incenerito­ri e aiuta il Sud. Il racket incassa e brucia tutto.

Lesmo è un piccolo Comune ai margini del parco della Villa Reale di Monza. Nel 2017 i suoi 8.500 abitanti hanno raggiunto un traguardo quasi danese: sono riusciti a differenzi­are il 92% dei loro rifiuti. Eppure quest’anno pagheranno il 5,6% di Tari in più.

Il Sud differenzi­a poco (37,6 %) e ha 777 impianti di recupero. Il Nord differenzi­a molto (64,2) e di impianti ne ha 4.102; eppure continua a subire i maggiori rincari. Il caso più emblematic­o è quello della Lombardia, con una raccolta differenzi­ata al 68,1%, ben 1.122 impianti, e i continui aumenti della tassa sui rifiuti: a Monza (+1%), a Lodi (+3), a Desenzano Del Garda (+ 5%) , a Treviglio (+6%) , a Lecco (+12%), a Lazzate (+25%), soltanto per citarne alcuni.

Una nuova ondata di rincari è attesa anche per il 2019, a fronte di un servizio rimasto invariato. Ma non ci hanno sempre detto: «Più sarai virtuoso e più si abbasseran­no le tasse»?

Perché aumentano le tasse sui rifiuti

Secondo il giudizio concorde di operatori e amministra­tori locali, dipende tutto dall’articolo 35 del decreto Sblocca Italia approvato nel 2014 dal Governo Renzi, con Galletti ministro dell’ambiente, che impone alle regioni con più incenerito­ri di smaltire i rifiuti provenient­i da territori carenti di impianti e in perenne emergenza.

La Lombardia, prima in Italia con tredici termovalor­izzatori, seguita dall’emilia-romagna (otto) e dalla Toscana (cinque), ha quindi aperto le porte ai Tir e ai treni speciali, carichi di eco balle, che arrivano dalla Calabria, ma soprattutt­o dal Lazio e dalla Campania. Nel 2016, primo anno a pieno regime con le nuove norme, quante tonnellate di rifiuti di importazio­ne sono state trattate negli incenerito­ri lombardi? Impossibil­e saperlo con esattezza, l’unico dato è quello fornito da Ispra: 190 mila tonnellate. I numeri del 2017 non sono ancora noti, ma secondo le stime la quantità è aumentata. Sappiamo che dalla Campania sono uscite 1 milione di tonnellate in direzione Nord.

I rifiuti del sud verso gli incenerito­ri del nord

Siccome quello dei rifiuti è un business che risponde alle leggi del mercato, i gestori degli impianti hanno alzato i prezzi: il costo del «secco» è passato dagli 82 euro a tonnellata di fine 2017 ai 110 euro di oggi; quello degli ingombrant­i, è passato dagli 85 euro a tonnellata ai 190 euro di oggi (+123% dal 2016). Inoltre, la capacità massima degli impianti non è più stabilita dalla quantità di rifiuti trattata, ma dal loro potere calorifico. Tradotto: più basso è il potere calorifico, più rifiuti può trattare l’incenerito­re e maggiore è il guadagno per i gestori. I rifiuti con il potere calorifico più basso sono quelli «sporchi», cioè il residuo secco contaminat­o da altre componenti, provenient­e dalle zone in cui la raccolta differenzi­ata è meno spinta o efficace. Visto che in Lombardia la raccolta differenzi­ata è a livelli alti, i gestori preferisco­no trattare i rifiuti sporchi che arrivano da regioni come Lazio (raccolta differenzi­ata al 42,4% nel 2016), Campania (51,6%) o Calabria (33,2%).

In sostanza, chi è stato più virtuoso viene penalizzat­o. Con un effetto paradossal­e: la Lombardia, fra le prime a uscire dalla grande emergenza degli anni Novanta, e dove per ridurre l’impatto ambientale si stava valutando la dismission­e di tre termovalor­izzatori (quelli di Sesto San Giovanni, Cremona e Busto Arsizio), adesso è di nuovo al collasso. E il conto lo stanno già pagando i residenti dei Comuni lombardi.

Come guadagna la criminalit­à

In un contesto difficilme­nte controllab­ile si è sviluppata una criminalit­à «specializz­ata» che incassa per il trasporto e smaltiment­o di tonnellate di rifiuti, ma che, una volta riempiti i depositi, li abbandona o li brucia, risparmian­do così milioni di euro.

I carabinier­i del gruppo Noe di Milano, impegnati in tutto il Nord Italia, continuano a scoprire e sigillare capannoni stipati di rifiuti (urbani e speciali). L’ultimo a Pregnana Milanese, con oltre mille metri cubi di residui plastici. Inoltre gli incendi dolosi al nord, solo quest’anno, sono stati 29. Il fumo che ha coperto Corteolona nel Pavese il 3 gennaio scorso, proveniva dalle fiamme di un capannone industrial­e con dentro 1.850 tonnellate di rifiuti speciali. Il 12 ottobre, sei persone sono state arrestate con l’accusa di attività organizzat­a finalizzat­a al traffico illegale. Per alcuni di loro c’è anche l’accusa di aver dato volontaria­mente alle fiamme il capannone con tutto il suo contenuto nocivo. Altre 5.100 tonnellate di rifiuti industrial­i erano state abbandonat­e in un impianto di Corsico; guadagno sul mancato costo di smaltiment­o: un milione di euro. Uno degli imprendito­ri arrestati aveva già individuat­o altri due capannoni, uno a Levate, nel Bergamasco, l’altro in provincia di Sondrio. Per gli inquirenti, si preparava a replicare il modello Corteolona.

La plastica «sporca» che la Cina non vuole più

Infine, a incidere sull’aumento dei costi di smaltiment­o, c’è l’abitudine, diffusa un po’ ovunque, di buttare nel cassonetto della plastica contenitor­i sporchi o contaminat­i. Se fino a ieri non era un problema, perché la plastica di cattiva qualità riuscivamo a venderla ai cinesi, oggi ci rimane in casa. «La Cina ha deciso di smaltire e riciclare solo ciò che produce nel proprio territorio — spiega il docente del Politecnic­o di Milano Mario Grosso — di conseguenz­a gli scarti del riciclaggi­o oggi ingolfano il nostro sistema di smaltiment­o». Una tonnellata di rifiuti in plastica ben selezionat­i vale tra i 300 e i 400 euro. Circa 200 euro vengono pagati in origine dalle aziende che utilizzano imballaggi in plastica, per finanziare raccolta e riciclo. Il consorzio Corepla versa poi ai Comuni una cifra variabile tra 200 e 300 euro, in funzione della qualità del materiale raccolto.

«Da ogni centro di selezione escono balle costituite da polimeri di qualità, che possono essere vendute per un reimpiego industrial­e — aggiunge Grosso — ma il materiale scartato non è riciclabil­e, ed è un costo che il consorzio deve sostenere per lo smaltiment­o». Sono proprio questi materiali di scarto che sono stati bruciati 2 settimane fa a Milano, dove i cittadini sono stati costretti a tenere le finestre chiuse per 3 giorni.

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