I No Tap bruciano bandiere M5S Ascesa e caduta dei grillini di Puglia
Tutto è partito con l’ilva. Conte scrive ai cittadini di Melendugno: date la colpa a me
La regione a 5 stelle si sta trasformando nella regione a 3 spine. In meno di 8 mesi, in Puglia, si è passati dal cappotto elettorale del 4 marzo alle bandiere pentastellate bruciate sul lungomare di San Foca, a Melendugno, dove è previsto l’approdo del gasdotto Trans Adriatic Pipeline, al grido di «questo meritate, il fuoco». Sono bastate tre parole — Ilva, Xylella e Tap — per cancellare i fasti dei 42 parlamentari eletti su 62 alle ultime elezioni politiche nella regione in cui anche il governatore in carica del Pd, Michele Emiliano, ha strizzato l’occhio al grillismo imperante. Almeno fino a ieri. «La delusione che provo per il voltafaccia del M5S su Ilva/tap è davvero devastante. Bugiardi e spregiudicati — ha scritto il presidente della Regione sul suo profilo Facebook — nel dire agli italiani: “Che volete? Non sapevamo che c .... stavamo a di’”».
Questo, in realtà, i pugliesi non lo pensano. Se c’è un’accusa che fanno ai pentastellati, è il tradimento rispetto alle promesse fatte, non l’incompetenza rispetto alle questioni affrontate. Basti pensare che è stato un parlamentare pentastellato di Polignano a Mare, Giuseppe L’abbate, a scoprire un anno fa che il 10% dei Comuni italiani aveva sbagliato i calcoli nel conteggiare la Tari, la tassa sui rifiuti.
La Puglia, del resto, è la regione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e del suo portavoce Rocco Casalino. Loro, almeno, non potevano non sapere cosa significano in Puglia Ilva, Tap e Xylella. E ieri, infatti, il premier ha scritto una lettera aperta ai cittadini di Melendugno in cui spiega il via libera al Tap: «Non sono emerse illegittimità o irregolarità dell’iter procedurale» e le pretese risarcitorie in caso di stop — non penali ad essere precisi — si aggirerebbero «tra i 20 e i 35 miliardi di euro». Per il premier «chi sostiene che lo Stato italiano non sopporterebbe alcun costo o costi modesti non dimostra di possedere le più elementari cognizioni giuridiche». Conclusione di Conte a fronte delle critiche piovute sui parlamentari: «Se proprio c’è da dare una colpa datela a me». Anche Barbara Lezzi, l’altra pugliese al governo con le deleghe per il Mezzogiorno, non poteva non conoscere le lacerazioni che spaccano il Salento per il gasdotto. E infatti è stata lei, ieri, il principale bersaglio dei manifestanti No Tap al grido di «tradimento».
Due mesi fa la stessa accusa era stata rivolta ai parlamentari pentastellati eletti a Taranto, dopo il via libera di Di Maio alla vendita dell’ilva ad Arcelormittal. Nella città dell’ilva il Movimento 5 Stelle, il 4 marzo, aveva ottenuto il 47% dei voti grazie alla promessa di chiusura dell’acciaieria. «Abbiamo fatto di tutto — si giustificarono a settembre i deputati tarantini —, come Di Maio, per cercare di liberare Taranto dall’ilva. Ma i giochi erano fatti». Un po’ come sta accadendo adesso per Tap. «Sono delusa e arrabbiata — scrive su Facebook la consi- gliera regionale Antonella Laricchia, che alle elezioni del 2015 arrivò seconda alle spalle di Emiliano — a festeggiare sono quei vecchi partiti che con le loro politiche hanno arrecato numerosi danni al Paese e alla nostra regione». L’affermazione di Laricchia alle ultime regionali fu il primo successo dei pentastellati in Puglia: il M5S risultò il secondo partito con il 17,19% dei consensi (Pd al 19,8%). Gli valsero 8 consiglieri che oggi si sommano ai 42 parlamentari e a 6 sindaci (Ginosa, Noicattaro, Mottola, Santeramo in Colle, Canosa di Puglia e Crispiano). Un buon bottino per un Movimento che in Puglia ha mosso i primi passi con il referendum sull’acqua pubblica del 2011, all’epoca molto sentito per la presenza dell’acquedotto Pugliese, da sempre considerato un ministero con sede a Bari. Una delle prime battaglie di Beppe Grillo, la cui ultima uscita sulla Puglia, però, ha diviso i simpatizzanti del Movimento: «La Xylella — decretò nello scorso luglio il suo blog, nonostante l’evidenza degli ulivi seccati in Salento — è una bufala». Un po’ quello che pensano i pugliesi delle promesse elettorali non mantenute dai pentastellati.