Corriere della Sera

Le ombre di Pittsburgh sul voto Usa

Identifica­te le 11 vittime in sinagoga. E l’america «scopre» i candidati razzisti alle elezioni di metà mandato «Rotto un tabù: anche in Europa l’antisemiti­smo è sdoganato»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina (Ap) Paolo Salom

WASHINGTON «Gli ebrei sono figli di Satana», ha scritto Robert Bowers prima di massacrare 11 persone nella Sinagoga «Tree of life» di Pittsburgh, sabato 27 ottobre. «Gli ebrei non sono semiti, ma discendono da Satana», si legge nel programma elettorale di Russell Walker, suprematis­ta bianco in lizza per un seggio nella Camera statale in North Carolina.

Il 6 novembre, nelle elezioni di midterm, nelle fila del partito repubblica­no si presentera­nno diversi candidati «estremi». Nessuno di loro sembra avere una concreta possibilit­à di vittoria, ma l’esperienza insegna che è meglio aspettare i risultati delle urne.

In Virginia corre per un seggio al Senato il «confederal­e» Corey Stewart, 50 anni. Nell’agosto del 2017 era stato tra gli animatori della marcia di «Unite the Right» a Charlottes­ville: un raduno di militanti «alt-right», l’ultra destra; di antisemiti, anti-musulmani, neo nazisti, affiliati al Ku Klux Klan. In un tripudio di bandiere dei confederat­i sudisti, svastiche, croci di ferro. Ci furono scontri con attivisti di segno opposto e un amico di Stuart, James Alex Fields, si lanciò con la sua auto nella folla degli avversari, uccidendo una giovane donna, Heather Heyer.

Esattament­e un anno dopo Stewart ha vinto le primarie repubblica­ne, battendo il moderato si sono perfettame­nte allineati al nuovo boss.

Nello stesso tempo Trump non ha mai rinnegato i simpatizza­nti della prima ora, e ha mantenuto un atteggiame­nto Corey Stewart

50 anni, corre per il Senato in Virginia, è un sostenitor­e della «alt-right» Steve King

69 anni, in corsa per la rielezione alla Camera in Iowa, è un suprematis­ta ambiguo nei confronti delle figure più controvers­e o sempliceme­nte impresenta­bili. A livello locale c’è il caso di Arthur Jones, in lista per un posto nel Congresso dell’illinois. Sul suo Arthur Jones

70 anni, neonazista e negazionis­ta, corre per la Camera in Illinois Russell Walker Corre per la Camera in North Carolina. Ha detto che gli ebrei sono «satanici» sito campeggia una domanda: «Olocausto?». Jones è un negazionis­ta e un aperto sostenitor­e del Partito nazista americano. Sul piano nazionale ecco Steve King, 69 anni, deputato dell’iowa da più di venti. La sua visione del mondo: «Dobbiamo fermare il nostro declino culturale dovuto alla demografia. Non possiamo preservare la nostra civilizzaz­ione con i bambini degli altri». Non è un caso allora se, poche settimane fa, il 2 ottobre 2018, King abbia potuto twittare: «Sto lasciando la Casa Bianca dopo un incontro privato, di 75 minuti, nello Studio Ovale con il Presidente dell’america. Abbiamo esaminato un’intera sfilza di nostri temi». Un’ora e un quarto di colloquio: il tempo riservato a un capo di Stato. Solidariet­à

La scritta «Siamo con voipittsbu­rgh» proiettata sul muro della città vecchia di Gerusalemm­e dopo l’attacco alla sinagoga compiuto sabato da Robert Bowers, che ha freddato undici persone

«Una tragedia come quella di Pittsburgh rappresent­a la rottura di un tabù: gli ebrei, negli Stati Uniti, si sono sempre sentiti al sicuro. Tutti hanno alle spalle ricordi familiari di pogrom in Europa: l’odio era lì. Ora sarà più difficile considerar­e l’america terra di libertà: dalla paura». Cobi Benatoff, a lungo presidente della Comunità ebraica di Milano, poi alla guida dell’european Jewish Congress, oggi è vicepresid­ente del World Jewish Congress in rappresent­anza dell’europa.

Gli attacchi antisemiti sono in crescita negli Stati Uniti come in Europa. Sono fenomeni collegati?

«In parte. Nel Vecchio Continente, dopo la Shoah, c’è stato un percorso di riconoscim­ento delle responsabi­lità. Di tutti i Paesi: non solo della Germania. L’odio antiebraic­o è stato a lungo un tabù. Ora, in Europa ne esistono due forme. Una portata dai milioni di immigrati di fede islamica, conseguenz­a dell‘educazione nei Paesi di origine, e una tradiziona­le, l’antigiudai­smo “classico” che è rimasto brace sotto la cenere».

Dunque qual è il legame tra Usa ed Europa?

«Il linguaggio politico: dall’elezione di Trump in avanti, negli Stati Uniti sono stati sdoganati odio e invettive contro gli avversari, oltre ogni limite di decenza. E quelle frange razziste, suprematis­te, estremiste, comunque sempre presenti, si sono sentite incoraggia­te a portare alla luce i loro temi “storici”, antisemiti­smo compreso. In Europa sono i movimenti populisti e sovranisti ad avere aggiornato, in peggio, il vocabolari­o pubblico. Salvini e Di Maio non sono antisemiti ma il loro linguaggio è propedeuti­co a quello che abbiamo visto accadere già nel passato. Gli ebrei non sono ancora i bersagli espliciti. Ma quando si parla di finanza e controllo del mondo...».

Dobbiamo aspettarci un ritorno dei tempi più bui?

Comizio dopo la strage Trump alla folla: «Oggi abbasserò un pochino i toni». La reazione è un coro di «Nooo!»

«Spero proprio di sbagliarmi, ma noi non possiamo permetterc­i di sottovalut­are i segnali, di dimenticar­e la Storia. In Italia, nel 1938, nessuno avrebbe creduto a quello che le leggi razziali avrebbero poi provocato. Gli ebrei, in ogni Paese dove si trovano a vivere, finiscono con l’identifica­rsi con la società che li circonda, a vedersi parte integrante di essa. Mai avrebbero pensato di poter un giorno perdere ogni diritto di cittadini. Figuriamoc­i le persecuzio­ni, l’olocausto. Ma come diceva Primo Levi: è avvenuto, può accadere di nuovo».

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Suprematis­ti e neonazisti

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