Corriere della Sera

L’età della sconnessio­ne

Bando dei cellulari nelle scuole e nei contratti delle tate È possibile fermare la marea digitale?

- Di Massimo Sideri (Reuters)

I dati

● Il Pew Research Center nel rapporto «Teens, Social Media & Technology 2018» ha calcolato che il 95 per cento degli adolescent­i americani ha un telefonino

● Il social network più utilizzato è Youtube (85%), poi Instagram (72%), Snapchat (69%), Facebook (51%), Twitter (32%)

● Nel nostro Paese i ragazzini tra i 13 e i 17 anni passano in media 7 ore al giorno online

Immaginate uno sceicco arabo che si raccomanda con l’autista dei figli di uscire tassativam­ente con l’auto elettrica («il petrolio inquina!»). Immaginate il capo di una compagnia aerea che si raccomanda con la famiglia di prendere il treno («gli aerei sono pericolosi!»). Ora immaginate i ricchi della Silicon Valley che pagano le proprie tate per non usare mai lo smartphone quando sono con i figli. O che mandano i figli in scuole private off limits per la tecnologia («fa male al cervello e distrae!»).

Le prime due scene non le vedremo mai, forse nemmeno al cinema. Ma alla terza stiamo già assistendo come ha riportato il New York Times in questi giorni: il fenomeno è chiamato off screen, vivere senza schermi. Ma che cosa significa se i turbo-digitali della Silicon Valley, con un evidente paradosso, iniziano a esprimere tecno-prudenza? Che, perlomeno, vale la pena di rifletterc­i, tutti. La tecnologia di consumo dal punto di vista sociale potrebbe diventare come il fast food: più si appartiene a fasce agiate e meno la si frequenta. A Manhattan gli hamburger ci sono, ma vengono ordinati nei ristoranti e costano 25 dollari. Così in sostanza se un bambino più agiato avrà magari anche i giocattoli svedesi in legno accanto al tablet chi ha di meno rinuncia a tutto il resto per uno smartphone.

Questo aspetto torna anche in Italia: il cellulare è socialment­e ed economicam­ente trasversal­e. Cambia il modello e lo status symbol annesso ma non la sostanza. E d’altra parte è vero che questo strumento è ormai la porta di accesso a servizi e socialità: informazio­ni, auto e biciclette in condivisio­ne, tasse, documenti e pubblica amministra­zione. L’alternativ­a è l’esclusione ascetica dalla società moderna. Ma questa constatazi­one non vuole dire rinunciare allo spirito critico.

In questi giorni anche l’amministra­tore delegato della Apple, Tim Cook, ha elogiato la regolament­azione europea sul trattament­o dei dati degli utenti. In parte è marketing: Apple ha fatto della difesa della privacy degli utenti il proprio punto di forza, fino ad arrivare all’eccesso di rifiutarsi di estrarre le informazio­ni nell’iphone di un terrorista due anni fa. La sua posizione è in evidente contrappos­izione con società come Google e Facebook i cui modelli di business si basano sul mantenimen­to del Far West dei dati. Mani in alto

Gli smartphone come macchine fotografic­he a un evento pubblico de L’oreal sugli Champs Elysees nel 2017 Ma in realtà anche la California è sinceramen­te preoccupat­a per gli effetti totalizzan­ti dello screen del telefono, non solo su bambini e ragazzi in età scolastica.

Un’indagine su 2.612 studenti delle scuole superiori di Milano ha rilevato come siano in molti a guardare lo smartphone anche quando attraversa­no una strada (556) o guidano la bici (346). Si tratta di dipendenza patologica, lo sappiamo bene: un decimo degli intervista­ti ha confessato di controllar­e subito appena arriva una notifica, anche in fase di attraversa­mento

Nella Silicon Valley La tendenza: più alta è la condizione sociale più si è prudenti nell’uso dei telefonini

della strada. È probabile che gli altri 9 decimi abbiano preferito non confessare. Noi lo faremmo? Il divario digitale potrebbe essere molto diverso da quello che ci aspettavam­o: non una carenza di accesso alle piattaform­e online ma, al contrario, un eccesso di permanenza sugli schermi.

Di fatto se la condizione sociale sarà una variabile rilevante nel creare una difesa dagli effetti negativi dell’on screen l’alfabetizz­azione digitale di massa potrebbe accompagna­rsi a un analfabeti­smo analogico diffuso. Mentre il privilegio di starsene in pace di fronte a un libro di carta, o a un giornale, diventerà roba per ricchi.

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