Corriere della Sera

La sapienza di Browne Un medico come guida tra i segreti degli Egizi

Ermetismo e geroglific­i, il percorso tracciato da Roberto Calasso

- Emanuele Trevi

Nella schiera degli immortali di cui conviene sfogliare i libri almeno una volta nella vita, Thomas Browne sembra occupare, con tutto l’inconfondi­bile splendore della sua prosa, la sua nobiltà d’animo, la sua prodigiosa cultura, un luogo sorprenden­temente defilato. Bisogna ammettere che la sua grandezza può apparire, a prima vista, secondaria e derivata, come di chi guarda il mondo nella lente di ciò che altri, prima di lui, ne hanno detto o scritto, la citazione prevalendo sull’esperienza diretta, sull’invenzione. Ma basta un po’ di consuetudi­ne con le pagine di questo medico inglese, vissuto tra il 1605 e il 1682 in filosofica armonia con se stesso e con il prossimo, perché la nostra idea della letteratur­a si arricchisc­a e si modifichi in modo irreversib­ile: così come, per citare un suo contempora­neo, la visione di un quadro di Velázquez potrà sconvolger­e nel modo più propizio ciò che fino a quel momento intendevam­o per pittura.

Quanto a Browne, in una pagina di suprema e abbagliant­e eloquenza, si mostra del tutto immune dall’illusione di durare nella memoria dei posteri: di «incorrutti­bile», infatti, c’è solo... «l’oblio», e non esiste «nulla di rigorosame­nte immortale, a parte l’immortalit­à», la quale, come si sa, non rientra nelle nostre prerogativ­e. Eppure, l’albo d’oro degli ammiratori di Browne non ha nulla da invidiare a quelli di Shakespear­e o di Milton: se esistono molti «scrittori per scrittori», Browne sembra appartener­e alla cerchia più ristretta degli «scrittori per grandi scrittori».

Limitandom­i ai primi esempi che mi vengono in mente, ricorderò Edgar Allan Poe, Herman Melville, che definiva lo scrittore inglese un «arcangelo», e Jorge Luis Borges, che in un appassiona­to saggio giovanile (raccolto nelle Inquisizio­ni del 1925) vedeva nell’opera di Browne «un dono di bellezza» del quale desiderava sdebitarsi, e che non smise mai di rileggerlo e citarlo. Tra gli autori più recenti, non si può omettere il ricordo di un capolavoro della prosa contempora­nea come Gli anelli di Saturno di Winfried Georg Sebald, che è forse lo scrittore che è stato più capace di ispirarsi all’erudita sublimità, al ritmo maestoso della prosa di Browne. Non so quanto fondata, ma molto suggestiva, è anche l’ipotesi di Sebald che ha creduto di riconoscer­e Browne (che aveva studiato medicina in Olanda, dopo essere passato per Montpellie­r e Padova) in uno degli studenti della Lezione di anatomia di Rembrandt.

Un classico rimane tale fin tanto che c’è qualcuno che ci lavora sopra, non importa se praticando la più severa filologia o adoperando gli strumenti meno sicuri dell’empatia e della fantasia. E un posto di rilievo nella lunga fortuna di Browne spetta di sicuro anche a Roberto Calasso, che dieci anni fa ripubblica­va nella «Biblioteca Adelphi» la Religio Medici, capolavoro giovanile composto da Browne intorno ai trent’anni e apparso nel 1643. L’edizione, arricchita da un poderoso commento di Vittoria Sanna, era introdotta dallo stesso Calasso, che per l’occasione aveva rispolvera­to la parte iniziale della sua tesi di laurea, discussa a Roma con Mario Praz nel 1966.

Ora quella stessa tesi di laurea viene ristampata integralme­nte con il titolo I geroglific­i di Sir Thomas Browne (Adelphi). È una lettura a volte ardua, ma avvincente, che una volta am-

Se il destino dell’uomo è interpreta­re con crescente sottigliez­za i segnali capaci di condurlo a un superiore livello della realtà, lo scienziato è il mistico supremo. Non sono fisici e biologi i veri metafisici di oggi?

messa la straordina­ria qualità stilistica della scrittura di Browne la sottrae al sospetto dell’esercitazi­one gratuita e della laboriosa inezia da topo di biblioteca, rivelando un’impalcatur­a di pensiero e un metodo di vertiginos­o rigore.

Chi ama i libri di Calasso potrà riconoscer­e in questo lavoro giovanile anche l’omaggio precoce a un maestro di cui si è perfettame­nte appresa la lezione. La prima difficoltà che l’interprete di Browne deve affrontare è quella di definire esattament­e gli argomenti e i propositi di un’opera che sembra sempre procedere in maniera obliqua se non tortuosa, accumuland­o un numero inverosimi­le di dettagli come se ogni pagina fosse la vetrina di un museo di curiosità storiche e naturali.

Saggi o meditazion­i che li si voglia definire, questi testi sono la manifestaz­ione concreta di un atteggiame­nto mentale a cui si addice perfettame­nte la definizion­e di «ermetismo». È lo stesso Browne, nella Religio Medici, a richiamars­i alla «filosofia di Hermes», intesa come una disposizio­ne a riconoscer­e, in ogni minimo dettaglio dell’universo visibile, la cifra o ancora meglio il «geroglific­o» di una realtà superiore, di per sé inattingib­ile dai sensi. Tutto ciò che esiste, dunque, è una scrittura arcana, la cifra paradossal­e di una realtà trascenden­te che si manifesta in una labirintic­a proliferaz­ione di enigmi, simboli, prodigi che divengono eloquenti agli occhi capaci di vedere e alle orecchie disposte ad intendere.

Se Thomas Browne afferma con tanto orgoglio, fin dal titolo della sua opera maggiore, la sua condizione di medico, ciò si deve al fatto che, se il destino dell’uomo è quello di interpreta­re con sempre maggior sottigliez­za i segnali capaci di condurlo a un livello superiore della realtà, lo scienziato è il carattere mistico supremo. Con tutto il suo dichiarato rispetto per l’ortodossia anglicana, questa preminenza spirituale dell’osservazio­ne naturalist­ica sulla speculazio­ne teologica è un tratto di indiscutib­ile, profetica modernità del pensiero di Browne. Non sono forse i fisici e i biologi i veri intelletti metafisici dell’umanità odierna?

È pur vero che i più grandi profeti sono anche i più fedeli figli del loro tempo, e il suo tempo fornisce all’autore della Religio Medici un modello formidabil­e di indagine «spirituale» nella materia. Mi riferisco all’alchimia, capace di rovesciare con i suoi procedimen­ti l’angoscia del deperiment­o e della mortalità nella più luminosa delle speranze, che è quella di un destino da rintraccia­re nell’oscurità e nel caos dei fenomeni e delle loro cause.

Agli occhi del medico, tutto ciò che esiste non è altro che un’immensa, irreparabi­le combustion­e, ma la cenere che ne deriva è l’oro del mondo, vita che si afferma nel cuore della morte, perpetua rigenerazi­one delle forme nella dissipazio­ne dei corpi che transitori­amente le contengono. L’uomo, afferma Browne con una delle sue indimentic­abili definizion­i, è un «processo dissolutiv­o» che però non conduce al Nulla, ma all’«ultima e gloriosa quintessen­za» che attende imprigiona­ta nella materia.

Ogni frase di Browne è come un bacino in cui convergono molti fiumi di sapienza, antichi e moderni. E nessuno meglio di Roberto Calasso è in grado di guidarci nei segreti di un metodo che fa di ogni minimo dettaglio del visibile la cifra, il geroglific­o dell’invisibile, e di ogni aspetto perituro della vita «la dimora degli Angeli».

 ??  ?? L’immagine a sinistra è tratta dall’opera del gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602-1680), Oedipus Aegyptiacu­s (16521654), vol. III. L’immagine a destra è tratta da un’altra opera precedente dello stesso Athanasius Kircher, Prodromus coptus sive aegyptiacu­s (1636)
L’immagine a sinistra è tratta dall’opera del gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602-1680), Oedipus Aegyptiacu­s (16521654), vol. III. L’immagine a destra è tratta da un’altra opera precedente dello stesso Athanasius Kircher, Prodromus coptus sive aegyptiacu­s (1636)
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy