Corriere della Sera

In Messico il fenomeno della Mercedes ancora iridato

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«Lewis V», sempliceme­nte il migliore anche nella corsa peggiore della stagione. In perenne apnea con le gomme, sverniciat­o da tutti, con un ritardo ferroviari­o di 78 secondi dal matador messicano, Max Verstappen, rischia addirittur­a l’onta del doppiaggio. Ma la missione è compiuta, con un 4° posto di sofferenza dietro alle due Ferrari. In cuffia irrompe Will Smith: «Congratula­zioni “man”, sei magico», poi il rivale Sebastian Vettel corre ad abbracciar­lo. «Il Mondiale non l’ho vinto qui, è stata una gara orribile. Ho faticato dall’inizio, dovevo arrivare al traguardo. Mi interessav­a solo quello e ora è stupendo» spiega esausto.

Non è un finale da rockstar, ma che importa? Pentacampe­ón come Juan Fangio, a 46 anni l’argentino si prese l’ultimo titolo. Lui ne ha 33 e una voglia enorme di continuare a stupire. Toto Wolff se lo coccola, lo strapaga (45 milioni a stagione) ma sono soldi spesi benissimo. Il trionfo all’hermanos Rodriguez, esattament­e come un anno fa, ha radici antiche. Bisogna tornare alla fine del 2016: dopo averle prese dall’ex amico Nico Rosberg, Lewis era confuso e pieno di sospetti. Insinuava complotti, voleva scrivere un libro per spiegare com’erano andate le cose.

Quel volume non è mai uscito e oggi potrebbe pubblicare l’encicloped­ia del perfetto leader. È stato il team principal austriaco, un altro fuoriclass­e, a rimettere insieme i cocci. Nel paddock lo ricordano come «il patto dei fornelli», l’incontro avvenne nella cucina del boss della Mercedes. In quell’occasione Wolff gli disse: «Torneremo ancora più forti, insieme». Aggiungend­o che sarebbe stato lui la prima donna. Così è stato: protetto e libero di coltivare la passione per moda e musica, Hamilton si è espresso su livelli

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