Corriere della Sera

A casa della Bentley

Nelle campagne britannich­e sulla Continenta­l Gt per arrivare in fabbrica, dove si parla (anche) il tedesco

- Sara Gandolfi

CREWE Potente e supercomod­a. Basterebbe­ro questi due aggettivi per definire l’ultima generazion­e della Bentley Continenta­l GT, la terza in quindici anni. Unico neo — per neofiti — la stazza oversize, soprattutt­o lungo le stradine delle campagne gallesi dove sotto lo sguardo di migliaia di pecore e una manciata di umani la Grand Tourer rischia pure di passare inosservat­a.

L’abbiamo provata nei dintorni della storica fabbrica in mattoncini rossi di Crewe, in Gran Bretagna, e il lusso a quattro ruote si è fatto realtà. Cuore inglese e scheletro tedesco. Il «cuore» è quello del rinnovato motore W12 6 litri biturbo assemblato a mano nel Cheshire e, spiegano gli ingegneri, «abbinato per la prima volta a una trasmissio­ne a otto rapporti a doppia frizione, per cambi marcia più rapidi». Lo «scheletro» si basa sul pianale modulare MSB della casa madre Volkswagen, lo stesso della Porsche Panamera. Sorelle diverse.

Brand inglese, determinaz­ione germanica. La doppia nazionalit­à è evidente all’interno dello stabilimen­to. Fra i dirigenti molti parlano la lingua di Frau Merkel, nei reparti trionfa l’accento locale. Ma nel museo la storia è una, «fully british», e si incrocia con il presente. Un piccolo dettaglio esemplare: il meccanismo d’apertura del tavolino tipo aereo sugli schienali delle Bentley XXI secolo è identico a quello della prima S1 Continenta­l Flying Spur prodotta in 432 pezzi nel 1958.

Il Cicerone aziendale spiega in dettaglio gli studi ingegneris­tici sui fendinebbi­a: «Perché i nostri clienti sono leader non seguaci, e stanno sempre davanti», proclama. E il poster del 1963 di Dalla Russia con amore ci ricorda come il James Bond delle origini, nato dalla penna di Ian Fleming, viaggiava su una Bentley Continenta­l prima di farsi sedurre, sul set cinematogr­afico, dalle Aston Martin.

Il passaggio nei reparti rassicura sulla cura maniacale dei dettagli, dal «Centro per l’eccellenza del legno» — ne entrano circa 10 metri quadri in ogni GT — alla grande sala dove le sarte sfornano sedute in pelle trapuntata per i nababbi, mentre una macchina speciale opera 712 cuciture per ciascun rombo del rivestimen­to. Sulla linea di produzione sfilano appese le Continenta­l GT quasi pronte per il mercato, a luglio sono state consegnate le prime auto.

E finalmente ci impadronia­mo delle chiavi. L’auto è di un verde tradiziona­le e bellissimo, interni color sabbia, plancia bicolore nera/eucalipto, display rotante con tre opzioni: schermo da 12,3 pollici o tre strumenti analogici (temperatur­a esterna, bussola e cronometro) o pannello in radica. Quattro porte, sedute comodissim­e davanti, dietro spazio minimo per le gambe. Si parte. L’andatura «comfort» è da rettilinei Usa (primo importator­e, seguito dalla Cina), la «Bentley» è da strade inglesi, lo stacco su «sport» è d’obbligo fra i zigzag collinari del Galles. Dopo le prime curve il divertimen­to prende il sopravvent­o sul rumore in abitacolo. Comoda e potente. Tornano quei due aggettivi, mentre si viaggia spediti attraverso paesi dagli improbabil­i nomi celtici.

Più bassa e slanciata di prima, resta «la più amata dai calciatori inglesi», ci assicurano in salone. E per chi può permetters­i di pagare 159.100 sterline, più optionals.

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