Pragmatica, forse noiosa, ma capace di scelte sorprendenti
BERLINO Rimpiangeremo Angela Merkel. I tedeschi che l’hanno avuta cancelliera sin dal 2005, attraversando indenni la più grave crisi economica in un secolo. E noi europei, che ne abbiamo sperimentato le titubanze, ma anche la capacità di fare sempre la cosa giusta quando serviva e non c’erano alternative, fossero la crisi greca o quella dei rifugiati nel 2015. Ora che il suo crepuscolo è iniziato, con l’annuncio di un addio al potere che lei vorrebbe progressivo ma di cui nessuno può veramente predire i tempi, Merkel si staglia come un gigante della Storia in questo scorcio di Millennio. Moderna e anti-ideologica nel suo pragmatismo forse privo di visione, ma proprio per questo in grado, ogni volta che ha dovuto affrontare una nuova sfida, di compiere scelte sorprendenti e spiazzanti. Come quando in una sola notte, sull’onda dell’incidente nucleare di Fukushima, capovolse trent’anni di politica
energetica della Cdu e abbracciò la chiusura progressiva delle centrali atomiche tedesche. Fu la Klimakanzlerin e in modo conseguente gettò tutto il suo peso nella battaglia per l’accordo mondiale sulla riduzione delle emissioni inquinanti. Rimpiangeremo Angela Merkel sulla scena d’europa. Non perché abbia legato il suo nome a un progetto di rilancio dell’integrazione ambizioso e visionario, come quello del suo mentore Helmut Kohl o come quello che Macron ha cercato in questo ultimo anno di convincerla a far suo. Ma perché nei tempi grami del populismo arrembante e dei nazionalismi risorgenti, Merkel ha tenuto ferma la bussola dei valori che sono all’origine del progetto. «Mi devi promettere una cosa subito: non alzeremo alcuna barriera», disse al leader socialdemocratico Sigmar Gabriel, arrivato per una riunione di emergenza alla cancelleria in quella notte di settembre, in cui centinaia di migliaia di rifugiati premevano alle frontiere della Germania. Oggi è facile dire che da quella decisione sono iniziati tutti i suoi guai. Ma senza quella decisione, sicuramente non ben spiegata e priva di un vero piano d’esecuzione, l’europa avrebbe perso l’anima. E rimpiangeremo Angela Merkel, nel deserto di leadership e di statura politica che è oggi la scena pubblica mondiale. Quando lascerà la cancelleria, nel 2021 come vorrebbe lei, molto prima come invece probabilmente accadrà, ci mancheranno la sua modestia e il suo buon senso, la sua materna capacità di rassicurare, ma anche la sua fermezza e la sua capacità di tenere testa ai nuovi uomini forti che sono la cifra dello Zeitgeist.
Nei tempi grami dei nazionalismi risorgenti, Merkel ha tenuto ferma la bussola dei valori