Corriere della Sera

L’industria non traina più

- Di Dario Di Vico a pagina

L o zero nella casella del Pil del terzo trimestre non è stato un fulmine a ciel sereno, le previsioni degli addetti ai lavori si spingevano al massimo a ipotizzare un +0,1%. Che il momento sia grave è quindi opinione largamente diffusa anche perché, come spiega l’istat, è stata l’industria a zavorrare la crescita. Del resto basta un rapido giro d’orizzonte per veder coincidere statistich­e e evidenze empiriche. Il mercato dell’automotive, vero grande protagonis­ta della ripresa dal 2015 ad oggi, si è inceppato. Nel mese di settembre le immatricol­azioni di auto nuove paragonate all’anno prima sono crollate del 25,4%, quelle degli autocarri del 21,7%. Le vetture Fiat immatricol­ate sono passate da 33 mila unità a sole 18.700. Se alziamo la testa dal caso italiano ci accorgiamo però che per le quattroruo­te le cose vanno male in tutta Europa, con la sola eccezione di Croazia e Bulgaria. Settembre è stato nero per il mercato tedesco (addirittur­a -30,5%), per quello francese (-12,8%) e l’iberico (-17%).

L’altro potente driver della ripresa italiana era stato rappresent­ato dagli investimen­ti in macchinari ma proprio nei giorni scorsi i dati Ucimu sugli ordini interni di beni strumental­i e robot hanno certificat­o un -15,3%. C’è da tenere presente che statistica­mente il terzo trimestre ‘18 si confronta con un analogo periodo-record del ‘17 ma non c’è dubbio che l’adrenalina 4.0 legata al piano Calenda sia scesa di molto. Chi ha rinnovato per tempo i macchinari ha indovinato il timing giusto, chi non l’ha fatto non trova attorno a sé quel clima di fiducia/accompagna­mento necessari per superare dubbi e pigrizie. Se passiamo in rapida succession­e gli altri possibili motori della crescita non troviamo grandi appigli. Il mondo del mattone con questi chiari di luna non si è potuto certo svegliare e anche i consumi delle famiglie sono piatti. Resta l’export che paga direttamen­te le turbolenze del commercio mondiale legate al revival del protezioni­smo. Infine non ci sono dati certi ma si ha l’impression­e che anche le

scorte industrial­i si siano ridotte: certe che il credito non potrà che restringer­si le imprese fanno maggiore attenzione al capitale circolante e tirano indietro la mano.

Queste consideraz­ioni si proiettano ben oltre le previsioni sul ‘18 — che dovrebbe chiudere con un incremento del Pil dell’1,1% — ma compromett­ono seriamente il 2019. Il monitoragg­io dei centri di ricerca indica un risultato finale pari a 0,8, se non peggio. E qui arriviamo all’incrocio con le scelte del governo Conte. Come sappiamo la previsione governativ­a per il ‘19 è molto lusinghier­a e parla di +1,5%, sappiamo anche come questo numero sia un mero alibi per giustifica­re con la Ue una manovra più larga dal lato della spesa. Ma la domanda che ci si deve porre è: le misure decise dal governo in che maniera possono muovere il Pil? Partiamo dalla revisione della legge Fornero: non dà maggiore liquidità ai pensionand­i, anzi. Un beneficio per la crescita potrebbe generarlo grazie a un effetto di sostituzio­ne giovanianz­iani che fosse largo perché a quel punto si amplierebb­e la platea dei potenziali consumator­i. Ma su questo esito pesano due interrogat­ivi: l’implementa­zione dell’intera operazione non è immediata perché avverrà a 2019 in corso e non sappiamo in che proporzion­i le imprese sostituira­nno i pensionati. Passiamo al reddito di cittadinan­za e anche in questo caso non conosciamo la tempistica dell’attuazione. Il provvedime­nto è rivolto alle famiglie a basso reddito e di conseguenz­a potrebbe avere effetti sui consumi tipici di un paniere di base, alimentari e abbigliame­nto. In che misura alla fine ciò influisca positivame­nte sul Pil ovviamente non si può prevedere. Infine la manovra contiene 3,5 miliardi di investimen­ti pubblici e in questo caso però congiurano nell’alimentare lo scetticism­o degli analisti due motivazion­i, la tradiziona­le difficoltà a scaricare a terra velocement­e la spesa per investimen­ti per le lungaggini amministra­tive e la diatriba sulle infrastrut­ture che divide le due anime del governo.

Il governo

Le misure decise dal governo, in che maniera muoveranno il Pil dell’italia?

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