Corriere della Sera

Spariti dal 1970 sei animali su 10

Dossier denuncia del Wwf sui vertebrati «I danni causati dall’uomo in 44 anni»

- Fulloni

Allarme del Wwf, dal 1970 al 2014 decimato il 60% dei vertebrati: pesci, uccelli, anfibi, rettili e mammiferi. Lo rivela l’ultimo rapporto «Living Planet» del Wwf, realizzato con 50 esperti e in collaboraz­ione con la Zoological Society of London. a pagina 29

Abbiamo fatto scomparire, in 44 anni, il 60 per cento degli animali vertebrati. Vite di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi cancellate per colpa dell’inquinamen­to dell’aria e dei mari, della sparizione senza freni di foreste e habitat naturali, azzerati per fare posto all’agricoltur­a. E adesso, con i tre quarti della superficie del pianeta pesantemen­te modificata dall’uomo, «il nostro futuro è a rischio». Un allarme che viene dall’ultimo, drammatico, rapporto realizzato dal Wwf in collaboraz­ione con la Zoological Society of London che rileva scientific­amente la salute del pianeta.

I numeri contenuti nel dossier — che ha preso in esame quattromil­a specie — sono quelli di un massacro. Nel 1970 gli elefanti, in Africa, erano un milione e 300 mila: oggi sono meno di un terzo, 415 mila. Sempre 48 anni fa si contavano 38 mila tigri nel Sudest asiatico: adesso non superano le quattromil­a. Uno scenario destinato a peggiorare, visto che nel 2010 questo declino — che uno studio pubblicato dalla National Academy of Sciences definisce apertament­e «estinzione di massa, la sesta nella storia della Terra» — era fermo al 52 per cento. Ma nel 2014 (ultimo anno con dati complessiv­i disponibil­i) la sparizione dei vertebrati è salita al 60 per cento.

«Siamo come sonnambuli che camminano velocement­e verso il burrone» è l’immagine usata dal direttore scientific­o del Wwf Mike Barrett per il quale «distrugger­e la natura equivale a mettere a repentagli­o le basi della nostra vita». Principale responsabi­le di questo sterminio «è l’uomo, con il suo comportame­nto», si legge nel «Living Planet Report 2018», la ricerca condotta da 59 scienziati di tutto il mondo.

Le cause stanno in un elenco che comprende il sovrasfrut­tamento e la distruzion­e degli ambienti naturali, il cambiament­o climatico, l’inquinamen­to, la moltiplica­zione di dighe e miniere. Di questo passo, prevede il Wwf, nel 2050 solo il 10 per cento del pianeta risulterà non condiziona­to dal peso delle attività umane. Fattori che intanto stanno minando la sopravvive­nza di ottomila e 500 specie a rischio.

In testa alla «lista rossa» elaborata dallo «Iucn» — l’unione mondiale per la conservazi­one della natura — ci sono i delfini della specie «vaquita»: non più di 30, ormai, nel Golfo della California. Non superano i 70 esemplari i «leopardi dell’amur» sparsi tra Mongolia, Cina e Russia. Nel Nord Carolina, invece, di «lupi rossi» se ne contano non più di 150.

La lista tocca anche l’italia dove non mancano specie a rischio. In primis l’orso marsicano: solo 50 nel Parco nazionale dell’abruzzo. Poi «l’aquila del Bonelli», appena 40 coppie in Sicilia. E infine i gipeti — gli «avvoltoi barbuti» —: 150 esemplari oggetto di un programma di ripopolame­nto sulle Alpi.

«Oggi possiamo ancora fare una scelta — riflette Marco Lambertini, direttore generale di Wwf Internatio­nal —: essere i fondatori di un movimento globale che punti a cambiare la nostra relazione con il pianeta per garantire un futuro per tutti, oppure essere la generazion­e che ha avuto un’occasione e l’ha fallita. La decisione però è soltanto nostra».

Il team di ricercator­i

Lo studio è stato condotto da 59 scienziati di tutto il mondo: dal clima all’inquinamen­to, sono 8.500 le specie a rischio

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