Tav, Chiamparino vuole un referendum E Di Maio «giustifica» il gasdotto pugliese
Conte: in arrivo l’analisi costi-benefici. Il vicepremier al Copasir: il Tap diversifica le fonti energetiche
«Dico sì alla Tav, senza se e senza ma. Propongo al governo l’istituzione di un tavolo per discutere della tratta nazionale. Se accetterà il confronto bene, altrimenti chiederò una consultazione popolare». Sergio Chiamparino, il governatore del Piemonte, si abbatte contro il «no» all’alta velocità sancito lunedì sera dal consiglio comunale di Torino. «È stato uno schiaffo — dice — alla città che lavora». Ce l’ha con i Cinque Stelle e la sindaca Chiara Appendino: «Se ne assumeranno la responsabilità». E li sfida sul loro terreno, quello della democrazia diretta: «Chiediamo ai piemontesi se sono favorevoli a una decrescita felice».
Per Chiamparino in fondo è un anticipo di campagna elettorale. In primavera si voterà per la Regione. Lui si ricandiderà. E la Tav si sta trasformando in un terreno di scontro ideale con il M5S e i loro più temibili alleati della Lega. Alleati che, però, a Torino hanno isolato i pentastellati in consiglio regionale e votato a favore della Tav. Come ha ricordato ieri il capogruppo alla Camera e segretario piemontese del Carroccio Riccardo Molinari: «L’opera può essere rivista, ma va fatta».
Eppure, le parole di Chiamparino non agitano Palazzo Chigi. Il premier Giuseppe Conte sembra volersi ritagliare ancora una volta un ruolo di mediatore tra pentastellati e leghisti. «Sulla Tav stiamo ultimando l’analisi dei costibenefici, è in dirittura di arrivo», ha rassicurato il premier, annunciando che verrà «usato lo stesso metodo del Tap». Certo, nell’esecutivo c’è anche chi usa parole più tranchant, come il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli: «Ci metteremo d’accordo con la Francia per non fare la Tav», ha detto sicuro di poter trovare un accordo con Macron per fermare la Tav. Una prospettiva esorcizzata dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: «Rifiutiamo la visione di un’italia periferica».
Tutto questo ieri, mentre Alessandro Di Battista, dal Guatemala, lanciava via social un appello pro nazionalizzazioni: «Le autostrade devono appartenere al popolo italiano, così come le telecomunicazioni, la rete idrica e ferroviaria, la Banca d’italia».
Sempre di infrastrutture strategiche per il Paese si è discusso ieri anche a Roma, nel corso dell’audizione del ministro Luigi Di Maio, di fronte ai parlamentari del Copasir, la Commissione parlamentare di controllo sui servizi segreti. Domande dei parlamentari e relazione del vicepremier sono state concentrate sulla penetrazione delle aziende straniere nel nostro Paese, e Di Maio ha espresso preoccupazione in relazione alla recente gara della tecnologia 5g, che porterà anche un’azienda di proprietà cinese, come Wind 3, a gestire dati molto sensibili del nostro Paese. Si è discusso anche di energia e di fabbisogno del nostro Paese, sia di petrolio che di gas. Passando in rassegna la dipendenza italiana dai fornitori di gas il vicepremier ha confermato l’eccessiva dipendenza dalle forniture russe, ha espresso soddisfazione per lo
Le nazionalizzazioni Di Battista: autostrade da nazionalizzare come telecomunicazioni, reti idriche e ferrovie
sfruttamento del maxi giacimento di gas naturale scoperto in Egitto dall’eni, ha infine citato anche il Tap, dicendo ai parlamentari che «è funzionale alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento», dunque un giudizio più che positivo, in una linea di continuità istituzionale con quanto sempre dichiarato anche dai precedenti governi su un’opera considerata strategica. Qualche giorno fa, di fronte alle proteste della base dei 5 Stelle, il premier con una lettera aperta si era in qualche modo preso «la colpa» della decisione di proseguire nella costruzione del gasdotto.