«Imprenditori e sindacati, professionisti e negozianti Non siamo soliti alla piazza, ma saremo più di 40 mila»
TORINO «Non possiamo più tacere. È ora di alzare la voce e di scendere in piazza. In pochi giorni abbiamo perso l’occasione di ospitare i Giochi 2026 e ora rischiamo di perdere gli investimenti per la Tav. A questo gioco noi non ci stiamo». Chi parla è Luca Asvisio, classe 1965, presidente dell’ordine dei commercialisti di Torino, 5.700 professionisti in tutto, i cui profili sono molto lontani dalle logiche «barricadere» di picchetti e slogan urlati nelle manifestazioni. Eppure tra le scrivanie di commercialisti, ma anche fra quelle di notai e avvocati di Torino, altri 10.000 professionisti, ha preso forma la «pazza idea» di una nuova marcia dei 40.000, condivisa da tutte le associazioni produttive della città, contro quella giunta pentastellata guidata dalla sindaca Chiara Appendino che lunedì ha votato una mozione per chiedere al governo di sospendere i cantieri della Torino- Lione.
Presidente Asvisio, nel 1980 i quadri e gli impiegati Fiat scesero in piazza per «liberare» le fabbriche degli scioperi. Oggi vi preparate a fare lo stesso per «liberare» il Comune dai No Tav?
«Non c’è nessuna velleità politica. Anzi, scoraggio chiunque a cavalcare politicamente questo movimento che è spontaneo e non ha doppi fini. C’è però un sollevamento generale del ceto economico e produttivo torinese contro le sabbie mobili in cui siamo finiti. Gli industriali, la Camera di commercio, i negozianti, gli artigiani, gli architetti e i sindacati: tutti si sono mobilizzati contro la decisione del Comune di diventare ufficialmente No Tav. Così in pochi giorni, tra le migliaia di sms, telefonate e whatsapp che ci stiamo scambiando tra colleghi dei vari ordini professionali, è nata l’idea di una nuova marcia dei 40.000. Ma saremo anche di più. La città non rimarrà zitta».
Industriali, artigiani, commercianti e professionisti. Una piazza delle «lobby»?
«Non c’è nessuna lobby. Siamo cittadini che lavorano, non abituati a prendere posizione. Tantomeno a marciare. Nei prossimi giorni ci incontreremo con i presidenti di tutte le associazioni dell’impresa e delle professioni. Con l’obiettivo di portare in piazza una buona fetta di città. Una Torino che vuole crescere e dare un futuro ai propri figli».
O Tav o morte? Perché quest’opera è così fondamentale per il futuro della città?
«Non vogliamo rimanere un binario morto, ultima stazione e capolinea del Nord Ovest. Ma non è nemmeno questo il punto. Se l’italia dice no a un investimento di questa portata, peraltro già in
cantiere, e dopo accordi presi a livello internazionale, siamo spacciati. Perdiamo credibilità. Questa è la penale più cara che dovremo pagare».
La giunta chiede che i soldi della Tav vengano messi a disposizione di attività economiche per la mobilità sostenibile. Non va bene?
«Mi piace l’idea di una Torino che guardi all’europa, connessa e centro di scambi. Ma penso che anche il governo sia d’accordo. Lunedì il vicepremier Luigi Di Maio ha inaugurato la Tav per le merci Marcianise-milano, bellissimo progetto. Non capisco perché la Tav Milano-napoli va bene ma quella Torino-lione no. Non vorrei che si sacrificassero Torino e il Piemonte per logiche politiche».