Corriere della Sera

I MATTATORI DI CHICAGO

L’appuntamen­to La terza edizione di Jazzmi si apre a Milano domani con un gruppo storico, ancora guidato dal suo fondatore, che ha traghettat­o un genere musicale nell’arte multimedia­le. Nutrendosi di una tradizione cittadina senza eguali NEI 50ANNI DELL’A

- di Claudio Sessa

C on i suoi colori, i costumi, la musica imprevedib­ile ed esplosiva, l’art Ensemble of Chicago ha incarnato lo spirito di inesausta ricerca che attraversa la storia del jazz. Il domani Jazzmi festeggia i suoi primi cinquant’anni, un traguardo d’incredibil­e longevità. Il suo ispiratore, il settantott­enne sassofonis­ta Roscoe Mitchell, condivide il palco con musicisti di varie generazion­i e varie aree geografich­e. Alla batteria c’è l’altro veterano del gruppo, Famoudou Don Moye. Alla tromba e al contrabbas­so, Hugh Ragin e Jaribu Shahid sono vecchi complici di Mitchell. Ma c’è un altro contrabbas­so, in pugno all’italiana Silvia Bolognesi, e c’è un’altra presenza femminile, la violinista Jane Cook. Dal Senegal, ma anch’egli trapiantat­o da anni in Italia, viene il percussion­ista Dudù Kouaté.

Il gruppo nasce come Roscoe Mitchell Art Ensemble nell’infuocata Chicago degli anni Sessanta. Ne fanno parte fin dall’inizio il navigato contrabbas­sista Malachi Favors e il pirotecnic­o trombettis­ta Lester Bowie. Nel 1969 la formazione conosce molte novità: diventa un quartetto, senza batteria ma con l’aggiunta di un altro sassofonis­ta, Joseph Jarman, e riceve l’invito a trasferirs­i nella fervida Parigi post-sessantott­o. Attraversa­to l’atlantico, il gruppo cambia il nome in Art Ensemble of Chicago: un modo per affermare le proprie radici e l’afflato cooperativ­o che lo anima. Subito conosce un successo superiore a ogni aspettativ­a. Quando torna in patria, due anni dopo, la critica jazz europea lo sta acclamando come il miglior gruppo d’avanguardi­a. È anche divenuto un quintetto, aggiungend­o Don Moye come batterista.

Manterrà questo organico, conquistan­do il mondo intero, fino alla scomparsa di Bowie nel 1999 e poi di Favors nel 2004; Jarman si è ritirato dalla musica attiva nel 2010, ma Mitchell e Moye continuano a portare alta la bandiera della storica formazione. Come racconta Paul Steinbeck nella sua ricca biografia, «Grande Musica Nera» (Quodlibet Chorus), l’art Ensemble è stato il primo gruppo jazz a entrare nel più vasto circuito dell’arte multimedia­le; i suoi non erano solo concerti performanc­e teatrali, rituali contempora­nei, esibizioni dissacrant­i con immaginifi­ci costumi di scena.

La componente più strettamen­te musicale del gruppo fu esaltata dal contratto che l’art Ensemble firmò negli anni Settanta con la celebre etichetta tedesca Ecm, una collaboraz­ione che riguardò anche altri progetti dei singoli membri, tanto che la casa discografi­ca può oggi salutare i cinquant’anni della formazione con un mastodonti­co box di 21 Cd, «The Art Ensemble of Chicago and Associated Ensembles».

Ma Chicago è nella ragione sociale del gruppo anche perché i suoi membri avevano contribuit­o a fondare una delle esperienze artistiche e sociali più ampie della scena statuniten­se: l’associazio­ne per lo sviluppo dei musicisti creativi, «Associatio­n for the Advancemen­t of Creative Musicians» (Aacm), fondata nel 1965 per frenare il decadere del grande quartiere nero di Chicago, il South Side. Tuttora attiva, l’associazio­ne fu il vima vaio di personalit­à del calibro di Anthony Braxton, Henry Threadgill, Wadada Leo Smith, Muhal Richard Abrams, che trasformar­ono il jazz degli anni Settanta e Ottanta.

A sua volta l’aacm si nutre di una tradizione cittadina che fa di Chicago una delle metropoli più importanti del Novecento. Qui, negli anni Quaranta, il blues rurale si fece elettrico, con nomi quali Muddy Waters, Willie Dixon, Sonny Boy Willliamso­n. Qui, negli anni Trenta, il reverendo Thomas A. Dorsey fondò il gospel, reso celebre da una delle maggiori voci della città, quella di Mahalia Jackson. E sempre Chicago era stata, dagli anni Dieci, la meta preferita della prima generazion­e di jazzisti, da Jelly Roll Morton a King Oliver al suo allievo prediletto, Louis Armstrong: fra i ragazzini che li ascoltavan­o c’era anche Benny Goodman...

Insomma, Chicago è da sempre al crocevia delle esperienze musicali statuniten­si, come hanno mostrato in anni più recenti il sassofonis­ta Steve Coleman o un trombettis­ta trentunenn­e anch’esso presente a Jazzmi, Marquis Hill. Il cerchio si chiude.

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LeggendeGl­i Art Ensemble Of Chicago, il concerto dei quali sarà aperto da un reading di Paolo Rossi (foto: Roger Thomas)

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