Corriere della Sera

I 5 Stelle si dividono sul maxi radar Usa

- Galluzzo, Trocino

«Smantellia­mo il Muos»: il mega radar satellitar­e americano di Niscemi non piace ai militanti dei Cinque Stelle. Ma il ministero della Difesa frena e contesta il ricorso presentato. Mentre è di qualche giorno fa l’annuncio sibillino del ministro

Luigi Di Maio: «Nei prossimi giorni ci saranno novità». La parola definitiva sarà detta dal Consiglio di giustizia amministra­tiva il 14 novembre.

ROMA Quando ancora il Tap era un discorso aperto, ancorato alle parole e alle promesse della campagna elettorale, toccò al Dipartimen­to di Stato americano mettere nero su bianco tre righe in cui si rimarcava che Washington auspicava che l’italia non avesse alcuna incertezza su un’opera che diversific­a le nostre fonti energetich­e, nostre e del resto d’europa, rispetto alle forniture russe.

Pochi giorni dopo fu lo stesso Trump, direttamen­te, nel faccia a faccia alla Casa Bianca, a dirlo a Giuseppe Conte. Ora che sul Tap sembra sciolto qualsiasi residuo interrogat­ivo anche Luigi Di Maio, qualche giorno fa di fronte al Copasir, ha trattato l’argomento con un profilo squisitame­nte istituzion­ale e tecnico, non più politico: «È funzionale alla diversific­azione delle nostri fonti di approvvigi­onamento» nel settore, ha chiosato, in modo secco. Dichiarazi­one che però Di Maio ieri ha negato: «Mai detto che è un’opera utile».

Ma ora, dopo il Tap, sembra entrato, o meglio ri-entrato, nel mirino dei 5 Stelle, anche il Muos, il gigantesco e strategico sistema radar americano installato a Niscemi qualche anno fa, in base ad un trattato internazio­nale siglato fra i due governi, costato 7 miliardi di dollari, utile alle comunicazi­oni satellitar­i della marina a stelle strisce, e anche alla nostra sicurezza interna, e con una copertura che fa della Sicilia il centro nevralgico di informazio­ni e comunicazi­oni che riguardano circa il 30% del pianeta, compreso il Mediorient­e.

Nel governo si commenta la cosa con una punta di imbarazzo: dalla Lega nemmeno una parola, dal ministero della Difesa con una nota che non chiarisce molto, si ammette che si sta facendo una valutazion­e di impatto ambientale, ma è anche vero c’è stata una contesa giudiziari­a già risolta a favore degli impianti radar, così come è vero che il nostro ambasciato­re presso la Nato qualche mese fa ha portato una delegazion­e dei 5 Stelle sul sito, e sembrava che i proclami No Muos fossero rientrati con una visita ravvicinat­a alle grandi parabole montate a 60 km dalla base americana di Sigonella.

Fonti del governo, istituzion­ali e italiane negli organismi Nato, consideran­o il solo discutere del No Muos una mezza follia. Confermano che una marcia indietro di Palazzo Chigi pregiudich­erebbe le relazioni con Washington, tanto più in un momento in cui l’idillio fra Palazzo Chigi e la Casa Bianca è basato in primo luogo sul rapporto critico di Roma verso Bruxelles, più che sul piano militare. Romania e Albania si stanno infatti reciprocam­ente e progressiv­amente candidando (nel secondo Paese gli americani stanno costruendo una nuova base logistica) a sostituire l’italia nella rete delle basi strategich­e Usa. E i tagli al bilancio del ministero della Difesa, mentre Trump chiede a tutti i Paesi europei di aumentare sino al 2% i contributi alla Nato (Roma è ferma all’1,1%), rischiano di rendere meno affidabile il nostro Paese agli occhi di Washington.

Di sicuro a Washington monitorano da vicino posizioni politiche e decisioni istituzion­ali di Roma. La riduzione del programma di acquisto di F35, decisa dal precedente governo, se avesse ulteriori sforbiciat­e, rischia di compromett­ere i contratti siglati e la garanzia che tutta la manutenzio­ne europea dei nuovi aerei da combattime­nti si svolga effettivam­ente in Italia. La missione in Afghanista­n è stata ulteriorme­nte limata, di circa 200 unità, ma era e resta, insieme alla nostra presenza in Libano, una moneta di scambio per il nostro scarso contributo al bilancio della Nato. La Merkel a Bruxelles ha incassato una strigliata da Trump, Conte no. Ma sino a quando?

Gli equilibri I tagli al bilancio militare rischiano di non essere visti di buon occhio da Washington

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