Venti veloci come uragani «Da noi sempre più frequenti»
Nel Bellunese raffiche a 192 chilometri all’ora, come un uragano di categoria 3, hanno fatto strage di alberi. La tempesta che si è abbattuta lunedì sull’italia ha fatto registrare venti di 180 km/h alla Marina di Loano e 161 km/h sul Monte Cimone. L’11 gennaio 2016 sull’appennino toscoemiliano una stazione meteo automatica investita da un fortissimo libeccio registrò un picco di 238 chilometri all’ora.
L’italia sta diventando come la costa atlantica degli Stati Uniti, colpita abitualmente dagli uragani, in cui le autorità impongono l’evacuazione agli abitanti e chi non può fuggire si chiude nei rifugi di emergenza dopo aver sbarrato con assi di legno porte e finestre?
«Fare paragoni con gli uragani oceanici tropicali è fuorviante», spiega Saverio Romeo, presidente di Lares Italia (Unione nazionale laureati esperti in Protezione civile). «Anche se il vento nominalmente raggiunge una potenza che lo inserisce nella tabella degli uragani, si tratta di raffiche della durata di pochi secondi. Negli uragani di categoria maggiore (da 3 a 5) per ore soffiano venti che oltrepassano i 200 chilometri all’ora».
Ma se fino a pochi anni fa di tempeste come quella di lunedì ne avvenivano una-due ogni secolo, ora con i cambiamenti climatici in atto investono la Penisola a distanza ravvicinata. Va perciò cambiato per quanto riguarda il vento anche l’approccio di chi è chiamato a gestire le emergenze? «Quello di questa settimana è stato un evento raro, aggravato da una serie di fattori difficilmente prevedibili. Molte zone colpite però erano già in allerta rossa — prosegue Romeo — a conferma della bontà del sistema di prevenzione. Ma, dato che questi fenomeni stanno diventando più frequenti, si devono rivedere certe norme per renderle più adatte a questo tipo di rischio. Mi riferisco, per esempio, alla caduta degli alberi, che ha provocato il maggior numero di vittime».
La campagna Io non rischio della Protezione civile ha diffuso tra i cittadini i consigli di come comportarsi in caso di terremoto, alluvione e maremoto. «Dovremo aggiungere un capitolo sui venti. L’importante è far arrivare per tempo gli avvisi di allarme, magari anche con un uso più capillare dei social».