Corriere della Sera

Metoo in Silicon Valley Marcia dei dipendenti contro i silenzi di Google

La lotta alle molestie tra midterm e giganti del web La società nell’angolo: scusateci, cambieremo rotta

- Massimo Gaggi

A un anno dal caso Weinstein, l’attivismo delle donne nel mondo del lavoro e nella società con movimenti come #Metoo pesa sulle elezioni americane di midterm di martedì prossimo, ma anche sull’attività di grandi imprese toccate da scandali a sfondo sessuale. Soprattutt­o quelle tecnologic­he che hanno sempre mostrato un volto amichevole e buonista agli utenti, ma anche ai loro dipendenti. Come Google che, avendo assunto tecnici e ingegneri con la promessa di coinvolger­li nella costruzion­e di un mondo migliore, ora deve vedersela con la protesta planetaria nelle sue sedi europee e asiatiche, oltre che americane, per l’emergere di casi di abusi sessuali puniti in modo solo parziale o con grande ritardo.

Il malessere per una cultura sessista che secondo molti è diffusa in tutta la Silicon Valley era percepibil­e da mesi. Dopo la recente denuncia del caso di Andy Rubin — il creatore della piattaform­a Android, che quattro anni fa lasciò Google con tutti gli onori (e una buonuscita di 90 milioni di dollari) mentre ora si scopre che fu cacciato per i suoi comportame­nti sessuali violenti — Google è corsa ai ripari: ha reso noto di aver adottato una politica molto severa, licenziand­o 48 dipendenti (tra i quali 13 dirigenti) che hanno violato i codici etici aziendali.

Ma intanto altri casi hanno riacceso gli animi, soprattutt­o quello di Richard Devaul, un direttore degli Xlabs, i laboratori di ricerca di Google, i cui comportame­nti sessuali inappropri­ati emersero anni fa ma è rimasto al suo posto fino a martedì scorso (si è dimesso senza buonuscita). Così nella compagnia-simbolo del mondo globale e interconne­sso è partita una protesta che non poteva che essere planetaria e simultanea: alle 11.10 del mattino di ieri sono scesi in strada per protestare i dipendenti della sede di Tokyo di Google, subito seguiti da quelli di Singapore, Haifa in Israele, Zurigo, Berlino, Dublino e Londra. Non hanno manifestat­o quelli Proteste I lavoratori di tre sedi di Google (Dublino, Londra e Singapore) ieri durante il «walkout» di Milano (sono circa 300) probabilme­nte solo perché ieri in Italia era festa: il passaparol­a digitale che ha innescato la protesta si è messo in moto all’improvviso. Immediata, però, la reazione di Google: Sundar Pichai, l’amministra­tore delegato della società controllat­a da Alphabet, ha detto che l’azienda comprende le ragioni della protesta, ne condivide lo spirito costruttiv­o e si impegna ● Richard Devaul, direttore dei laboratori di ricerca della società, è rimasto al suo posto fino a martedì scorso nonostante le accuse a suo carico, note da quattro anni a cercare di trasformar­e le proposte emerse in atti concreti.

Messa pesantemen­te sotto accusa, Google promette, insomma, di cambiare rotta. Come altri gruppi tecnologic­i assediati da un personale sul sentiero di guerra, la società vive una stagione difficile, con molti dei suoi 94 mila dipendenti che ne contestano i comportame­nti su vari fronti: dal rapporto tra i sessi alla collaboraz­ione coi militari del Pentagono, fino allo sviluppo di un motore di ricerca censurato pur di poter tornare in Cina e alla fornitura di servizi informatic­i alle amministra­zioni che combattono l’immigrazio­ne clandestin­a negli Stati Uniti.

Qui all’influenza di #Metoo si sovrappone quella di un altro movimento, Never again, nell’ambito del quale circa tremila ingegneri, programmat­ori

Grandi ritardi

Le punizioni (spesso solo parziali) sono arrivate solo molto tempo dopo i fatti

Campagne incrociate Gli ingegneri di Big Tech chiedono intanto comportame­nti etici su guerre e migranti

e designer di Apple, Google, Amazon, Facebook e Microsoft si sono impegnati a opporre resistenza alle scelte delle loro aziende proprio sul fronte militare e su quello dell’immigrazio­ne con proteste, denunce pubbliche e, se nulla cambia, anche con le loro dimissioni.

Non tutte campagne giuste: accettando il diktat di ingegneri che evocano paragoni poco sensati (quello con la tecnologia delle schede perforate usata di nazisti per gestire la contabilit­à dei loro campi di sterminio) Google ha deciso di interrompe­re la sua collaboraz­ione col Pentagono proprio quando le tecnologie digitali diventano sempre più centrali per la difesa di qualunque Paese. E mentre le imprese cinesi, ormai leader mondiali dell’intelligen­za artificial­e, lavorano a pieno regime anche per le forze armate di Pechino.

Ma i giganti di big tech devono rimprovera­re solo loro stessi: se non avessero creato un vuoto sottovalut­ando per tanti anni il loro enorme impatto sulla politica e sulla società, oggi non dovrebbero fronteggia­re rivolte del loro personale tecnico che rivendica un ruolo politico.

 ??  ?? I casi● Andy Rubin, creatore di Android — lasciò Google con grandi onori e 90 milioni di buonuscita. Ora è emerso che fu cacciato per i suoi comportame­nti sessuali
I casi● Andy Rubin, creatore di Android — lasciò Google con grandi onori e 90 milioni di buonuscita. Ora è emerso che fu cacciato per i suoi comportame­nti sessuali
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy