«Casette per le capre e aiuti ai pastori» Il progetto Mongolia
«La morbidezza e il confort sono il nuovo lusso, ma il cashmere è raro per questo costa». Roberto Colombo è un instancabile imprenditore che ha saputo trasformare il Lanificio Colombo oltre che in un riferimento per i maggiori stilisti che da Londra, Parigi, New York arrivano nell’azienda in Valsesia, ai piedi del Monte Rosa, per ordinare i tessuti per le loro collezioni, in un brand di maglie e capi spalla in cashmere e altre fibre nobili come la Vicuna, venduti in boutique e sul web. «La capretta della Mongolia in primavera, come gli animali domestici, perde il sotto vello: solo 150 grammi per animale, per questa ragione il cashmere è raro — spiega —. La cosa più difficile nel nostro mestiere è fare prodotti semplici, classici e innovativi. E’ più facile fare cose eccezionali». La creazione di cui va più fiero è la giacca Kate, in pile di cashmere, semplice ma raffinatissima e caldissima, proposta in tutti i toni della Provenza («rosso e verde i colori dell’inverno 2018/ 2109») e ora anche in versione giubbottone, perché l’eleganza classica è sempre più sportiva.
«Il capo di tendenza è il kid cashmere, maglie realizzate con il filo più sottile al mondo, 13,5 micron. Si tratta del pelo pettinato nel primo anno di età dell’animale», con il quale vengono realizzati anche i cappotti double per lei e il blazer maschile «più leggero al mondo: 350 grammi finiti compresi i bottoni». Colombo vola regolarmente in Mongolia per l’acquisto della materia prima e si è convito che è ora di fare qualcosa per tutelare le comunità di pastori nomadi che vivono sul vasto altopiano steppico battuto dai gelidi venti siberiani d’inverno e soffocato nel deserto del Gobi d’estate. «Le imprevedibili variazioni climatiche e l’uso, a volte improprio, degli spazi dedicati alla pastorizia, stanno creando delle criticità nei luoghi da cui proviene il cashmere più pregiato — ribadisce l’imprenditore – Per proteggere queste terre meravigliose e le popolazioni che le abitano ci siamo uniti alla Sustainable Fibre Alliance, associazione che si adopera con diverse iniziative, dalla tutela dei territori attraverso un Codice di Sviluppo per aiutare i pastori a conservare le bio diversità dei pascoli, fino al codice di salvaguardia degli animali, per esempio fornendo casette dove possano ripararsi». Educazione, sviluppo ed economia sostenibile ma anche «accordi commerciali con le popolazioni per mantenere sotto controllo le oscillazioni del prezzo del cashmere che incidono sulle vendite ma anche sulle scorte e quindi sugli introiti dei pastori». La strada per una moda più etica è segnata: l’azienda piemontese (380 dipendenti, il 50% al di sotto dei 35 anni) si è dotata di una nuova tintoria di 3000 m² e impianti ecocompatibili «atti a ridurre l’impatto ambientale a salvaguardia di una delle risorse più importanti: l’acqua».