«Voleva l’intesa con i 5 Stelle» Renzi contro Franceschini E lui: calunnie
E tanto per lanciare un messaggio a Luigi Di Maio, il giornalista Iezzi (nel 2014 a Milano, dove era stato eletto, si presentò in consiglio comunale indossando il burqa integrale) ha proposto altri emendamenti provocatori: quello sull’obbligo di far certificare da un notaio le primarie online per i movimenti che selezionano su piattaforma informatica i candidati alle elezioni; quello che obbliga anche i Movimenti a dotarsi di uno statuto come i partiti; quello che obbliga alla massima trasparenza sui contributi ricevuti anche le piattaforme informatiche. Leggi piattaforma Rousseau, che è il cuore del M5S. Martedì, in commissione alla Camera, si inizia a votare. Il testo
Il Consiglio dei ministri aveva presentato il 6 settembre il ddl anticorruzione che ora però la Lega punta a modificare con emendamenti soppressivi. In più, giovedì, M5S ha presentato in Commissione l’emendamento che punta a congelare la prescrizione dopo il primo grado, anche in caso di assoluzione
Aotto mesi da una sconfitta elettorale che gli brucia ancora Matteo Renzi si toglie qualche sassolino dalle scarpe raccontando la sua versione dei fatti che si susseguirono convulsamente dopo la notte del 4 marzo. Lo fa in un’intervista a Bruno Vespa nel nuovo libro Rivoluzione. «Quando la mattina del 5 marzo — ricorda l’ex segretario — mi chiamò Franceschini per dirmi in modo sbrigativo che dovevo andarmene capii che c’era una parte del Pd che fin dalla notte elettorale immaginava che noi dovessimo metterci d’accordo con i 5 Stelle. C’era un’ala della vecchia sinistra democristiana che si poneva di romanizzare i barbari». È un’accusa che all’epoca Renzi aveva già fatto contro l’ex alleato: «Dario — si sfogava con i suoi — vuole fare il presidente della Camera con i voti dei 5 Stelle». Ora come allora, però, Franceschini smentisce questa versione dei fatti. Con l’ansa l’ex ministro dei Beni culturali usa l’arma dell’ironia: «Matteo ricorda male, non uso mai un tono sbrigativo». Con i fedelissimi è più secco: «È una calunnia». Agli amici e a qualche giornalista a mo’ di replica manda via Whatsapp l’aria del Barbiere di Siviglia «La calunnia è un venticello». Renzi invece non ha nessuna voglia di scherzare. È amareggiato. E molto: «Il fuoco amico più che 5 Stelle — si sfoga con Vespa — ha sconfitto il Pd, chi mi ha fatto la guerra, sono stati i miei, sempre. Di Maio e Salvini hanno potuto muoversi in totale libertà e autonomia. Io non ho ricevuto alcun sostegno. È una cosa sconvolgente». Questo è un cruccio che accompagna Renzi da tempo. L’ex premier è convinto che il Pd sia stato «corroso dall’interno», che un pezzo del suo partito abbia giocato di sponda con il M5S e intenda farlo ancora in caso di crisi di governo. In questo contesto non deve avergli certo fatto piacere la notizia de La Verità, smentita con fermezza dal tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, secondo la quale i renziani vorrebbero comprare l’unità.