Boxe, eletto l’impresentabile Rakhimov Il Cio: «Così siete fuori dai Giochi»
Il presidente uzbeko accusato dagli Usa di essere un trafficante di droga
Onomasto di Smirne si rivolta nella tomba. Il greco che nel 688 avanti Cristo scrisse le regole della boxe, ne ottenne l’accredito ai Giochi olimpici e — per non farsi mancare nulla — agguantò la prima medaglia d’oro, non prenderebbe bene la notizia: 2.700 anni dopo il suo exploit, il pugilato rischia di sparire dai Giochi. Non per la crisi cronica di talenti, non per le solite proteste di chi lo ritiene anacronistico e pericoloso ma per colpa di Gafur Rakhimov, uomo d’affari uzbeko, eletto l’altro ieri presidente dell’aiba, la Federazione mondiale della disciplina.
Il Comitato olimpico — di solito attento a non mettere il becco negli affari federali, anche quando non troppo trasparenti — era invece stato insolitamente chiaro con i dirigenti della Noble Art: «L’elezione di un noto criminale porterebbe alla sospensione della Federazione dal consesso olimpico». Ma il board dell’aiba, riunito lo scorso weekend a Mosca, s’è infischiato del suggerimento del Cio e ha designato a larga maggioranza (86 voti su 134 validi) questo 68enne figlio di un impiegato che, da quando l’uzbekistan ha ottenuto l’indipendenza dall’unione Sovietica, è diventato miliardario con una gigantesca attività di import-export con Europa, Asia e Usa procurando all’aiba un prestito di oltre 10 milioni di euro per tamponare gli enormi debiti contratti dai suoi predecessori.
Le attività di Rakhimov non sarebbero esattamente virtuose. Così sostengono gli uffici investigativi del ministero del Tesoro americano che individuano in lui il «leader di un’organizzazione criminale specializzata nella produzione di droga e in particolare nello smercio di eroina in relazione con i principali cartelli internazionali» e addirittura con la spietata Yakuza giapponese. Troppo perfino per il Cio che (dopo aver negato all’allora presidente ad interim l’accredito al recente congresso di Buenos Aires) ratificherà la sospensione della Federazione nel comitato esecutivo del prossimo 30 novembre. Ricordando che l’aiba presenta anche gravi problemi «di governance, trasparenza finanziaria e politica antidoping» e tenendo conto anche delle dimissioni per bancarotta del presidente uscente Wu.
La decisione non ha precedenti. Considerando che ogni singola Federazione è responsabile di gestire il suo programma agonistico ai Giochi, si tratterebbe o di far saltare un turno quadriennale alla boxe (mettendo in grave crisi tutto il movimento dilettantistico) ● Secondo gli uffici investigativi del ministero del Tesoro Usa è però il «leader di un’organizzazione criminale specializzata nella produzione di droga e in particolare nello smercio di eroina» oppure (in meno di due anni) di trovare una gestione alternativa scontrandosi con l’ostilità delle Federazioni nazionali, compatte a fianco del nuovo, potente zar.
Rakhimov non ha battuto ciglio: «Oggi — ha spiegato nel discorso di accettazione del mandato — è un grande giorno per la boxe mondiale che traghetteremo in una nuova dimensione. Ho ascoltato le richieste del Cio cui prometto che miglioreremo sul fronte della trasparenza». Di dimissioni, nemmeno a parlarne: l’uomo d’affari sottolinea che quelle americane sono solo illazioni e che su di lui non pende nessuna condanna. In effetti l’indagine del Tesoro si deve ancora concretizzare in tribunale e difficilmente si arriverà a una decisione giudiziaria prima del fatidico 2020. La Federazione italiana? Tace. Il suo massimo dirigente, Vittorio Lai, aveva già festeggiato l’elezione ad interim dell’uzbeko con foto e tweet: «Congratulations Mr President».